e queste zucchette qui sopra, affacciate al davanzale? stanno in attesa. Sì, perché Marie dopo averle comprate in Francia le ha riportate a Roma come reliquie. Le abbiamo fotografate, le abbiamo regalate (come segno di luce in tutto questo inverno), e come nella favola di Giufà con i 3 soldi abbiamo passato il tempo a domandarci: cosa ne facciamo?
Ma il tempo passa, loro se la passano ancora bene e finirebbero bene in forno scavate leggermente e colmate di formaggio, panna e profumi con il loro cappellino ricomposto in cima.
Ma siamo noi che ce la passiamo troppo di corsa! è la settimana ultima per rincorrere Natale e dunque dicorsa, di corsissima!
In casa c’è profumo di arance, ma pure di cioccolato, il mix di spezie per il pain d’épices è pronto, studi sono in corso per la ricetta di un pan brioche che accompagni il paté…
di tutti i colori o quasi
i talli d’aglio, e poi?
Quando li vedo non resisto. Durano lo spazio di un minuto nella stagione dimostrando, pure loro, che di quel che ci circonda, alimentariamente parlando, conosciamo e amiamo troppo poco.
L’aglio certo, che ci sarà mai da dire? quello di Nubia, quello di Sulmona, il provenzale, quello fresco, che cresce persino nel giardino del fotografo. Ma i talli? gli steli lunghi, dritti o ritorti, che dalla terra portano al fiore? A Roma, mai visti, dunque li ho afferrati al volo in un passaggio di treno, li ho cacciati in valigia e trasportati a sud.
alimenti ritratti. le rape rosse
Sono in partenza, si torna tra i monti (vale a dire in Trentino), mentre Marie è per una volta ancora più a nord, isolata, irraggiungibile e disconnessa in un convento austriaco. Il fotografo resta al sud, vale a dire a Roma, dopo un week end di lavori spossanti (!) nel giardino. Giura che si consolerà, che se la caverà benone, infondo sono solo pochi giorni, poi migrerà giù-al-nord pure lui. Ma quello che non sa (o che ancora non ha ben realizzato) è che nel suo frigo, tornato vuoto, rimangono praticamente soltanto due mazzi di rape rosse. Sono passate davanti all’obiettivo per questa natura morta ma adesso che ne farà di commestibile?
ridotto all’acqua
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Salone del gusto finito, tutto dovrebbe tornare alla normalità! e invece…
Maite è bloccata, con la caviglia storta, in località non precisata (ma piatta e piovosa) aspettando che qualcuno (una ruspa, una gru, un mulo o per lo meno una coppia di buoi) tolgano dai binari alcuni tronchi d’albero che la furia della tempesta ha divelto: se qualcuno passa nella provincia di bergamo porti per favore una bottiglietta d’acqua su quel treno fermo da 240 minuti (così annunciano, chissà perché non quattordicimilaquattrocento secondi). Marie è dispersa sulla via del ritorno (anche lei vuole provare una parte mitologica dopo che ha letto che il fotografo si sentiva molto Penelope tessitrice).
Il fotografo che aspettava ansioso foto, resoconti e prelibatezze* è ridotto allo stremo, frigo vuoto e riserve esaurite deve ricorrere al famoso brodo liofilizzato per avere una tazza di liquido caldo.
Perfino il vestito nuovo, con tanta sollecitudine annunciato, è da rimettere in lavatrice insieme al database, che essendo di taglia XL non vuole entrare nel nuovo server.
alimenti ritratti. il cavolo nero
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cavoli a merenda
Sarà che è la stagione giusta, sarà che è la settimana giusta, quella in cui cavoletto è in tourné per presentare il suo libro cavoloso (che abbiamo già comprato e cominciato ad assaggiare), ma voglia ci è venuta di abbracciare i cavoli, un po’ tutti ma uno in particolare, quello nero. Il cavolo nero è bello di nome e di fatto, è buono, è alto e slanciato, non teme l’acqua ma anzi la repelle (come un trench coat anni ’40) e ci si fanno un mucchio di belle cose: zuppe e non solo, fettunte, gnudi e pure il pesto. Nell’attesa che provino a farci anche ombrelli e imperbeabili a noi piacerebbe provare pure a farci merenda!
il cous cous trapanese di enza
Semola e mani, mani(ne) e semola, il cous cous di Enza è stato per noi una festa di chicchi e di gesti, tanto che la voglia, per un volta, è quella di star proprio zitti, Shcc, zitti, zitti, sshcc di raccogliere gli sguardi, di guardarla lavorare, lei, le sue due mani, più le altre sei (più altre quasi-due) sue piccole…
alimenti ritratti. i funghi
Visto che, come è stato detto, al fotografo lo buttano giù dal letto all’alba per via dei Porcini (che, diciamo anche questo, è vero che in questi giorni spuntano come funghi e ne trovano a chili sia Nicolas in toscana che Guglielmo in trentino), almeno ne approfitta per fotografare. Bravo! Giusto! Facile! Bella idea! e invece per niente! Anche per questo ci vuole un piano di guerra, sottrarne qualcuno in fretta, trovare un angolino nascosto, sbrigarsi a mettere a fuoco e nascondere le tracce del misfatto. Che la signora Anna, Marcella e Rosanna hanno già le padelle calde: Funghi Porcini Trifolati, Funghi in Pastella, Zuppa di Funghi, Frittata di Funghi, e perfino Insalata di Porcini e Ovuli Crudi.
alimenti ritratti. pesche
Queste sono pesche in bustina! incartate una per una nel loro bel sacchettino, confezionate come neanche il più raffinato dei fruttivendoli saprebbe fare. Eh, vabbè, si penserà, saranno di serra tunisina o olandese, sarnno arrossite con E-qualcosa e pompate con ormoni cinesi. Invece le bustine crescevano sul pesco, ed era piuttosto buffo vederlo con questi frutti impacchettati come l’albero dei doni. Il signor Sapienza ci ha poi spiegato che le bustine personalizzate servivano a proteggere le pesche da insetti voracissimi e non a coltivare regali di natale. Pesche così non potevamo che fotografarle…
alimenti ritratti. fichi
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A Roma è pizza e fichi. Ma a Maite i fichi inspiegabilmente non piacciono. Così Marie e il fotografo si son riuniti carbonariamente per una cena tutta a base di fichi. Gli echi sono arrivati telefonici, ma sul piatto è rimasto questo ritratto alimentare che fa pensare a quelle nature morte a cui il fotografo aveva promesso di dedicarsi un anno fa sull’onda dell’emozione per la mostra bellissima di Veronique Ellena a Palazzo Farnese.
le uova della signora fausta (continua)
L’Uovo Nero (seconda parte)
continua da qui
alimenti ritratti 1. le uova della signora fausta
Ed ecco, dopo il ritratto alimentare, l’alimento ritratto. Sarà che ci piacciono le simmetrie, le nature morte e vive, ma insomma, proprio non se ne poteva fare a meno. Se in precedenza abbiamo baroccheggiato, se abbiamo tirato fuori cataloghi seicenteschi e caravaggeschi per melograne e peperoni, le uova, semplici e minimaliste (e quelle della signora Fausta ancora più semplici e minimaliste), ci sono sembrate piuttosto “iperrealiste”. Stavolta la scettica era Maite, chissà se il fotografo è riuscito a convincerla? Eppoi, invece di una tortilla, di un soufflé o di un uovo in camicia…