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con le dita

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Prugne, ricotta salata e pasta fillo

Questa piccola invenzione è nata con un piede in Sicilia e un altro piede a Roma, in uno di quei momenti in cui transitiamo tra i tempi e gli spazi, tra la nostra vita in Italia e quella a Barcellona, tra l’estate e l’autunno, tra la campagna e la citta… insomma in cui transitiamo.

Non è certo un’invenzione epocale, ma vale la pena di segnarsela e di tornarci sopra perché risolve qualche problemino e sono sicura che potrà risultare utile anche in altre versioni.

La frutta di campagna, quella che si coglie direttamente dall’albero, ha la “sconsiderata” abitudine di maturare tutta insieme: non è che puoi scegliere quando e come, non è che puoi dire all’albero “va bene, me ne faccia due chili, anzi un chilo e tre quarti“, l’albero ha la sua ragione e il tempo suo, che poi è il tempo giusto. Solo che nel giro di una settimana ti ritrovi travolta da chili di prugne, con l’albero così carico da diventare tutto viola, una piccola allucinazione cromatica nel nero della campagna etnea.
Così succede a noi, ogni estate, tranne in quelle in cui l’albero del Dumigghiaro decide di riposare e non caccia fuori un frutto, nemmeno a morire. L’anno dopo, si può stare sicuri, la produzione sarà il triplo.

Certo, abbiamo fatto confetture, conserve (ci torniamo!), le abbiamo mangiate a morsi, regalate agli amici, e alla fine caricate in macchina con noi sulla via del rientro verso il continente. Mi sono ricordata che mia madre le congelava, tagliate a metà, private del nocciolo, in buste da mezzo chilo che poi usava durante l’inverno per uno dei suoi piatti classici: l’arista con le prugne, appunto… Ma il congelatore del Fotografo nella casa/studio di Roma è pieno di roba non identificata, una miriade di vasetti criptici e misteriosi su cui io ho deciso di non indagare.

Dunque per farla breve ho scoperto che le prugne stanno benone con la ricotta salata. Che la ricotta salata può sostituire la feta in praticamente tutti gli usi e che la pasta fillo può fare il resto. Detto questo non serve molto altro, nemmeno cuocere prima le prugne. Una spolverata di aromi, una pennellata di olio e via. Ma su questo canovaccio credo che si potranno scrivere molti altri copioni

La ricetta
Un certo numero di fogli di pasta fillo (considerate che ogni involtino ne deve contare 3)
prugne o susine
ricotta salata
timo o rosmarino
qualche nocciola tostata (facoltativo)
semi di sesamo

Aprite con delicatezza i fogli di pasta fillo, quindi con concentrazione e un coltello affilato tagliate delle strisce sul lato lungo (circa 6 cm di larghezza). Separatele in gruppi di tre, pennellatene una con olio extravergine di oliva e sovrapponete una seconda striscia, pennellate anche questa e sovrapponete la terza. A questo punto sistemate nell’angolo in basso all’estremità sinistra mezza prugna e sopra la ricotta salata sbriciolata (circa un cucchiaio), le erbe aromatiche e qualche pezzettino di nocciola (se la usate), richiudete a triangolo, piegate quindi verso destra ribaltando il triangolo, poi verso l’alto (è più complicato da spiegare che da fare: trovate comunque un reel sulla pagina istagram e dopo averlo visto sarà tutto facilissimo!).
Pennellate i triangolini con olio extravergine di oliva, spargete un poco di semi di sesamo e via in forno fino a che non siano ben dorati (15 minuti circa a 180°C, forno ventilato già caldo).

tartufi di avocado

Qui ultimamente con i dolci ci andiamo piano. Lo zucchero si è trasformato in uno spauracchio da marameo: si affaccia tra gli ingredienti e fa un buuu! tremendo… tutti corrono a nascondersi, il Fotografo per primo, lui che ha passato tutta la sua prima giovinezza a difendere le dosi alte per principio… se si chiamano dolci, una ragione ci sarà.

olive ripiene reloaded

Erano una delle glorie della nonna Pina ad ogni arrivo, ad ogni partenza, e anche in molti pranzi nello spazio tra questi due tempi.
Io, di mio, ci ho messo un poco a trovarci il gusto (che è di fatto un gusto un poco adulto), ma una volta incontrato mi ci sono abbarbicata con una voracità infantile. Non erano e non sono mai abbastanza le olive ripiene, come caramelle o ciliegie di un sacchetto che vorresti fosse senza fondo.

quiche con zucchine (romane) e ricotta

“no ma che dici?! te lo mando un pacchetto di zucchine sottobraccio al Fotografo?”
Magari! ci sarebbe da dire, perché quando in primavera si ha voglia di verdure in tutti i modi, e i banchi dei mercati (italiani) si accendono di colori a Barcellona si tira dritto e ci si consola con la frutta, perché le zucchine continuano ad essere quelle a buccia scura, grosse, acquose e insapori che c’erano a gennaio e che ci saranno a luglio. Roba che viene la curiosità di capire dove è cresciuta, se ha visto mai il sole, la pioggia, la terra, se c’è stato mai un fiore a farle festa a dirle sveglia che è primavera.

le olive farcite alla menta

Se dovessi scegliere un alimento, uno solo, il primo che mi sale alla mente, alla memoria e pure all’attenzione sarebbero le olive.
Certo è un esercizio esagerato: di qualunque alimento-unico verrebbe la noia in poco meno di mezza giornata, ma volendo fare astrazione e metterla sul romantico sono le olive che mi fanno salivare, il gusto a cui non so resistere, anche solo con il pensiero.
Mi piacciono quelle verdi, ma pure quelle nere, quelle turgide e polpose, ma anche quelle ripiegate su loro stesse in grinze saporose; mi piacciono quelle piccanti, ma impazzisco per quelle dolci dolci che ricordano il sapore “erboso” dell’olio e ho una venerazione particolare per quelle dal gusto un po’ amaro, apparentemente rustico e poi al fondo così pieno.

le polpette di Ottolenghi

Lo amiamo. Lo amiamo anche se la lista dei suoi ingredienti occupa due pagine e due pomeriggi, lo amiamo anche quando tritiamo le foglie di dieci aromatiche diverse, lo amiamo pulendo le verdure, schiacciando l’aglio e incorporando 1/3 di cucchiaino di sale alla volta. Lo amiamo perché l’amore è questa cosa qui, senza se e senza ma e perché è bravo e le verdure con lui hanno un sapore che levati!
La cucina di Ottolenghi è vegetale, anche senza essere vegetariana, sa di mediterraneo e allo stesso tempo di casa e di esotico e quando richiede un po’ di lavoro in più ti ripaga. Del resto anche ogni amore (felice!) ha i suoi costi.

Crostata di alberelli bianchi

Non abbiamo mai fatto fatica a mangiare le verdure, anzi.. zucca, avocado, broccoli, zucchine, fagiolini e pastinache in un balletto facile e pure colorato che faceva pensare che ci vuole? Ma tutte le storie sono fatte per vivere di parentesi e così, da un giorno all’altro, le verdure son diventate una cosa nemica: se le mangia la mamma! se le mangia il papà!
Sono sopravvissute a questa diaspora poche cose: gli avocadi (specie quelli che il nonno ha portato dalla Sicilia), i fagiolini e lui il cavolfiore, quello bianco, ma solamente fatto a racconto e trasformato in una selva di minuscoli alberelli. Anna inzia sempre dai più piccoli, piccoli come Anna, ma poi ne mangia una foresta cavalcando sul filo sottile della mia idiosincrasia con il cibo figurativo.

chips al lime

Non è come sembra, non sempre almeno. Queste patatine qua sopra, o a dire meglio queste chips incartocciate, sono quasi (e dico quasi…) senza sensi di colpa. Non sono fritte ma fanno gola, sono facili ma ci stanno tutte e la faccenda del lime si porta dietro tutto un profumo di esotismo a portata di mano. Insomma nella lista delle cose da fare, quella che di questa stagione si allunga a dismisura (visto che l’anno continua per noi a iniziare con “la rentrée des classes”), aveva un posto molto in cima, compromesso molto gustoso tra propositi detox e necessità di coccole.

croquetas

Il fotografo è a Barcellona, scappato domenica a pranzo tornerà, crediamo, mercoledì per cena o giovedì per colazione.
Era così tanto che mancava da quel suo luogo dell’anima che cominciava a diventare malinconico, così giusto per consolazione e contro il suo principio che vorrebbe rigido isolazionismo tra le sue patrie gastronomiche ci siamo lanciate in crocchette alla spagnola. Che poi sarebbero crocchette con base di besciamella.
Qualche dubbio in partenza lo avevavamo: si terrà sta roba? avrà un gusto troppo bambino? e invece… invece una meraviglia! ora l’idea è di impastarle con qualunque cosa capiti a tiro, baccalà, verdure e pure… pure… un qualche pezzetto di chorizo, magari e se, solo se, il fotografo si decidesse ad abdicare a quel suo increscioso principio  (“niente valigie, un solo cambio e la macchina fotografica!! non porto niente, ma proprio niente, sia chiaro!!!)

Breve elogio del bicarbonato di sodio

Quante virtù ha il bicarbonato di sodio?
A guardarlo da vicino assomiglia a una pozione magica: può sostituire il lievito, lo si può aggiungere nell’acqua di cottura di cavolo, verza, finocchi per attenuarne l’odore, mentre aggiunto al bollito di carne lo render più tenero, giusto per dirne qualcuna. Ma non è che solo in cucina il suo uso sia imprescindibile: lo si può infatti mettere in frigo per togliere gli odori, è utile nella battaglia ecologica contro l’invasione delle formiche e gli arditi possono perfino arrivare a fare un peeling al bicarbonato.

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