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passatelli ne abbiamo?

La rete non è mai stata così presente nelle nostre vite. Forse è molto tempo che è così, eppure mi sembra che le circostanze particolari che viviamo in questi giorni la rendano un poco diversa e un poco speciale.

Specchio di noi stessi e antidoto non tanto alla solitudine quanto all’isolamento, non ci fa sentire meno soli ma forse un poco meno “da soli”.
Facciamo cioè un poco tutti le stesse cose. Stiamo a casa, cuciniamo, mangiamo, leggiamo, telefoniamo, tutti da soli, ma tutti insieme.

E forse sono io che la voglio vedere così, ma mi ricorda quel che succedeva con i blog di cucina nei tempi ormai lontanissimi in cui iniziavano, in cui iniziavamo. Ci si “trovava”, si commentava, si condividevano ricette e onde di emozione, anche trends, ma si aveva la sensazione di confrontarsi, seppure a distanza.

L’altra sera avevo del brodo, che qui a Barcellona è tornato un tempo un poco bigio, un poco freddo, e volevo che fosse un poco speciale. Impastare tortellini non era pensabile alle sei di sera ed allora illuminazione: facciamo passatelli, che li adoro, ma non li ho mai fatti e questo è il tempo per mettere mano a tutto quello che non si mai fatto prima!
Pareva perfetto.

Lancio dunque un appello su FB e che bello! arrivano plausi ed arriva pure la ricetta, due anzi, ma simili assai. Mi ci metto, evviva!
Peccato però che la dispensa della quarantena prevedesse solo pane scuro (mentre Virginia lo aveva detto chiaro che ci voleva quello bianco!) e soprattutto che lo schiacciapatate ha buchi troppo stretti, anche quando sembrano larghi. Insomma spingi e schiaccia, schiaccia e spingi i passatelli venivano fuori così sottili e stentarelli che sembravano invocare pietà.

Giuro che appena usciamo tutti da qui mi compro un ferro per passatelli, e faccio un corso con Virginia! Ma intanto, per non buttare via tutto, li ho traformati in gnocchetti, stesi a mano sul piano di marmo e tagliati a coltello. Li abbiamo mangiati per due sere di fila e credo pure che ripeteremo, ma non lo dite a Virginia, per carità!

La ricetta
è quella di Virginia senza però il midollo e con brodo di pollo. Anche l’ispirazione per la seconda foto viene da lei.

2 uova
100 g di parmigiano reggiano grattugiato (per noi 24 e 36 mesi, da due quasi croste)
100 g di pangrattato ricavato da pane “bianco” (qui noi avevamo solo pane integrale e scuro e mi sa che non ha funzionato)
un pizzico di sale
scorza grattugiata di mezzo limone

Battere leggermente le uova e incoprorare il parmigiano, il pangrattato, il sale e la scorza di limone. Formare un impasto consistente e lasciarlo riposare. Formare poi i passatelli o gli gnocchetti, o quel che vi viene. Tuffarli nel brodo bollente e goderseli.


zuppa di pesce con picada

Sulla zuppa di pesce avamo fatto, poco meno di un anno fa, una estesa dissertazione teorico-pratico che chiamava in causa il banco dell’Enriqueta (la nostra pescivendola qui al mercato di Santa Caterina) e la magia del brodo, visto che proprio sui brodi lavoravamo in quel periodo per il librino uscito giusto giusto giovedì  scorso in libreria.

pesto siciliano e catalano

La Sicilia e la Catalunya in alcune cose si assomigliano. Non è una vicinanza evidente, una dei quelle cose in cui la parentela si legge allo specchio  rispecchiando gli occhi negli occhi o una sfumatura nel tono dei capelli. Però, a darsi il tempo, si trova come una traccia sottesa, una specie di fume carsico che ogni tanto zampilla in superficie e che per il resto ha trovato la sua forma diversa in ciascuna patria.

quasi fosse uno tzatziki

Mica facile trovare il titolo per la cena improvvisata dell’altra sera perché, se il punto di partenza era stato una certa idea di tzatziki, per strada abbiamo fatto i conti con il principio di realtà secondo il quale apparecchiamo la nostra tavola da un annetto a questa parte.

la stracciatella lucana di Lina

A sbalzi, a tentoni, giocando a nascondino e qualche volta pure a rincorrersi la primavera sembra, nonostante tutto, arrivata. Ce ne accorgiamo dal verde che impera, dai mercati che si sono fatti più freschi persino qui a Barcellona dove le verdure sembrano vivere una stagione unica.

la zuppa tiepida di carote

Succede ogni anno e questo non ha fatto eccezione. Faccio finta di non accorgermene e rimando finché proprio non posso più ignorarlo, quindi mi tuffo nel cambio degli armadi armata di tutte le buone intenzioni, finisco quasi per soccombere e alla fine ne esco stremata. Il giorno dopo immancabilmente piove, o in quell’altra stagione torna la canicola. 

La minestra dei forti

Sono stati giorni concentrati e lenti, con un tempo misurato dalle esigenze del corpo, quel filo scontato e teso che sembra funzionare quando non lo avvertiamo ed esistere solo quando si impunta nel chiedere attenzioni.
Sono stati, e sono, gorni di passi piccoli in cerca di nuove routine, fuori dalla nostra abituale vita acrobatica tra Roma e Barcellona, ma con acrobazie diverse e spericolate avventure. Siamo tornati a passeggiare nell’inverno trentino proprio quando è rifiorito il calycanthus e a concentrare le cure su cose minute ed essenziali, quelle di sempre in fondo, mangiare, dormire, starsi accanto e insieme.

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