Qui a Barcellona abitiamo in una piazza piccola piccola nel cuore del Barrio Gotico e deve  esserci stato necessariamente qualche tratto del destino nel fatto che viviamo proprio qui, abbarbicati al quinto piano (senza ascensore), con la vista affacciata su una porzione delle antiche mura romane della città.

Quando si dice sentirsi a casa.

Il quartiere è cambiato molto negli ultimi anni e velocemente sta continuando a cambiare, ma avere le finestre rivolte a una piazza, soprattutto se piccolina come la nostra, finisce per farti concentrare sulla quotidianità dei giorni, sulle cose minime che succedono alla stessa ora, fino a che riconosci il latrare di quel cane rossiccio, l’orario di una signora che si avvia al mercato, il rumore del carretto della postina e le urla randagie degli amici di merende che bivaccano al sole.

Viviamo qui da più di quattro anni, che sono tanti ma non abbastanza per aver imparato il catalano. Conosco le luci del vicino di fronte che studia e legge fino a tardi, ma lo vedo di rado solo quando sale a fumare sulla sua terrazza, conosco la musica di un flautista che abita da qualche parte in una casa sul retro della piazza e ammiro la terrazza meravigliosa dei vicini a destra senza sapere quasi nulla di loro.

Ma una piazza per fortuna non è solo immaginarsi la vita degli altri. Abbiamo mani da stringere, guancie da baciare e chiacchiere  da dedicarci ogni giorno. In molte lingue a voler essere precisi, benché l’italiano ultimamente stia tornando a giocare un ruolo che non mi aspettavo.

Avevamo già scritto di Konfetti Kids, di Claudia, dei suoi palloncini, del suo gusto, del suo spazio. Ma proprio accanto a lei c’è Swiit, che dolce è per davvero. Gelateria naturale, è diventata la preferita di Anna che la chiama ancora  “gelateria con pianta” perché già l’anno scorso, sporgendosi da lontano sulla Baixada dove si affaccia, capiva al volo se era aperta o chiusa dalla presenza di una pianta (e adesso di un piccolo carretto da gelati).

Dobbiamo a Swiit pomeriggi di merende estive, gelato sempre uguale per epoche “lunghissime”: prima solo fragola, poi solo cioccolato, ora solo frutti del bosco. Poche, pochissime eccezioni. Ma dobbiamo a Swiit anche bella musica, un decor perfetto, uno scalino da cui guardare la piazza e ora un caffè particolarmente buono, in tutti i sensi.

Così l’altro giorno abbiamo infornato un cake che era a metà tra un pane e un dolce senza zucchero, con nocciole, carote e cumino. La ricetta l’avevamo trovata su un qualche numero di Saveurs, ma ci abbiamo ovviamente rimesso le mani, poi gli abbiamo stretto intorno un lacetto e un’etichetta e siamo scesi a portarlo ai nostri amici so swiit..

La ricetta
230 g di farina
2 uova
1 bustina di lievito
200 ml di latte di avena (nella ricetta originale latte)
120 g di carote
60 g di nocciole
1 cucchiaio di puré di mandorle (nella ricetta originale di nocciole)
1 cucchiaio di cumino (nel nostro caso nero)
1/4 di cucchiaino di sale
olio per lo stampo

Titare grossolanamente le nocciole, pelare e tritare le carote.
Setacciare insieme la farina e il lievito.
In una terrina battere le uova, unire il puré di mandorle, il latte e la farina setacciata. Mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo quindi incorporare le carote, le nocciole e il cumino.
Versare nello stampo e infornare per circa 30-35 minuti.

Nota: verificate bene la cottura, il nostro forno di Barcellona è maledetto e il breadcake era buonissimo ma un pelino troppo umido-crudo. Fateci attenzione!

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