La Sicilia e la Catalunya in alcune cose si assomigliano. Non è una vicinanza evidente, una dei quelle cose in cui la parentela si legge allo specchio rispecchiando gli occhi negli occhi o una sfumatura nel tono dei capelli. Però, a darsi il tempo, si trova come una traccia sottesa, una specie di fume carsico che ogni tanto zampilla in superficie e che per il resto ha trovato la sua forma diversa in ciascuna patria.
In cucina la cosa si fa più palpabile, a patto di ammettere lo scenario aperto delle variazioni senza affezionarsi ossessivamente a quello dell’unicum. Che parentela c’è tra la pasticceria a base di mandorla del Natale siciliano e i panellets del 2 novembre qui in Catalunya? e il marapane? è un passepartout che ha coperto il Mediterraneo viaggiando persino fino a nord o qualcuno da qualche parte l’ha inventato? Quale radice c’è tra le grandi salse della cucina catalana (picada, romesco, xato) e il pesto trapanese?
Sul filo di queste domande si finisce lontano. Servirebbe tempo e servirebbero fonti, e non è escluso che finisca per incaponirmici, ma di certo assai prima di chiudermi in biblioteca è in cucina che le contaminazioni si respirano nei fatti. Ne è venuto fuori questo pesto un poco ad occhio e con molte sostituzioni possibili. Il barattolo porta l’etichetta provvisoria di pesto siciliano ma io la radice (o l’evoluzione ) catalana gliela leggo benissimo.
La ricetta
65 g di pomodorini secchi
20 g di capperi
1 cucchiaio di origano fresco
40 g di nocciole tostate
20 g di mandorle tostate
15 g di uvetta
1 spicchio di aglio
olio extravergine di oliva qb
+ scorza di limone
basilico fresco