La cucina non finisce. Mai. Quando credi di aver visto tutto, provato tutto, spellato anguille, pulito tenerume, impastato miso e pasta di umeboshi, cotto a bassa temperatura, sifonato, essiccato, sfilettato… salta fuori una prima volta, un qualcosa che non esisteva prima e per il quale vai in cerca di istruzioni.
Se è vero che sempre è stato così (e sempre indubbiamente lo sarà) tocca pure dire che da un annetto buono a questa parte in questa cucina gli esercizi di novità si concentrano nel comparto salutistico con sigle assortite che costeggiano il vegan, il raw e cose così, non per scelte ideologiche a dire la verità, anche se molte riflessioni andrebbero fatte, ma per esigenze di un’alimentazione che, nel caso del Fotografo, deve fare con molti “senza”.
Togli questo e togli quello ed entri nel gioco delle sostituzioni: come fare senza latte ma soprattutto senza formaggio? senza farina?, senza zucchero? senza tuorli?
E lì proprio lì, quando pensi che toccherà rassegnarsi a nutrirsi, rinunciando a mangiare e soprattutto a cucinare scorpi che esitono mondi sotterranei e insondabili che ti sono corsi accanto senza che tu ne avessi coscienza o certezza.
è così che inizi a guardare agli alimenti in una maniera differente, le strade sono meno scontate ma in compenso il tempo si dilata perché risalire la corrente in una strada di “senza” porta indiscutibilmente verso l’autarchia e l’autoproduzione, di tutto o quasi.
è così che stiamo in queste settimane iniziando a fermentare, perché succede che per fare certe cose devi farne prima altre, prima di far fermentare noci, mandorle ed affini devi ottenere una sorta di starter da cui poi generare altri processi.
In questo caso si tratta di rejuvelac un’acqua ottenuta dalla fermentazione di cereali germinati che ha una mamma (la controversa Ann Wigmore) che si è inventata la bevanda e pure il nome.
Il rejuvelca serve (servirà, sta servendo) alla fermentazione di “formaggi vegani, ma di per sè promette miracoli per le proprietà enzimatiche e probiotiche… insomma si può bere, meglio se a digiuno e non ha un cattivo sapore, anzi, ha qualcosa di profumato/ fruttato che a me ricorda l’ananas maturo.
Farlo in casa non è complicato ma richiede tempo e pure spazio, insomma un ripensamento generale della cucina.
1 tazza di grano integrale
1, 5 litri di acqua (possibilmente minerale o comunque purificata)
Per prima cosa sciacquate i chicchi di grano e teneteli a mollo una notte in acqua. Il giorno dopo sciacquateli ancora e metteteli a germinare nel germinatore o in alternativa in un contenitore di vetro con una garza, aspettate con pazienza che il grano germogli rompendo il seme. Una volta che vedrete spuntare le codine per circa 1 cm raccogliete i chicchi, sciacquateli con molta delicatezza e sistemateli in un contenitore di vetro con l’acqua. Coprite l’imboccatura del contenitore con una garza e lasciate a temperatura ambiente per 48 ore. Trascorso il tempo vedrete che l’acqua sarà diventata torbida e si sarà formata una piccola schiumina, annusando sentirete un odore piacevole leggermente dolce, scolate con un colino i chicchi e conservate al fresco il liquido. Il rejuvelac è pronto e lo potrete conservare in frigorifero per una settimana. Volendo potete utilizzare ancora i chicchi germinati per una seconda fermentazione, dimezzando però sia la quantità di acqua che il tempo di riposo.
Ps i germogli nella foto sono fotogenici ma troppo grandi per la fermentazione! fermatevi prima e metteteli a bagno quando appena spuntano le codine!