Ci sono esperienze che nella vita sai che saranno irripetibili. O quasi.
In questi giorni (sì, perché la lavorazione e la cottura è stata a fuoco molto, molto lento) ne abbiamo vissuta e cucinata una: un garofolato. E mica un garofolato qualunque, un garofolato di 6,4 kg, che ha cotto per 18 ore a 70 °C. Son cose, grosse.

Cominciamo dall’inzio, e cominciamo con il dire che il garofolato è un piatto della tradizione romana, andato purtroppo quasi perduto. Si fa poco, non si fa quasi più, all’osteria non lo si trova, anche perchè di per sé era un piatto di casa e di festa, con i tempi lunghi (!) e il buon senso di sfruttarlo, carne e sugo, fino in fondo.

La fortuna nostra, e non solo, è che Roberto Liberati (quel “macellaio” tanto speciale di cui avevamo già parlato: qui ) ha il ricordo vivo e vegeto del garofolatino della sua nonna e che dunque non solo ci ha fornito la carne (roba suntuosa! nelle dimensioni e nella materia), ma ce l’ha proprio confezionato, marinatura, lardellatura e condimento, ci ha fornito le indicazioni di cottura e la ricetta per iscritto. A noi non è rimasto che metterlo in forno, per 18 ore.

la ricetta del garofolato di Roberto con qualche naturale variazione rispetto alla tradizione della nonna

Ingredienti
(per 6 persone, non per la truppa che ha mangiato i nostri sei chili e quasi mezzo)

1 kg di girello di manzo
500 g di salsa di pomodoro (nella nostra versione in forno molta meno)
1 cipolla
1 cosat di sedano
1 carota
guanciale (o prosciutto grasso)
maggiorana
chiodi di garofano
+ pepe garofolato e pepe rosa (nella variazione di Roberto)
vino rosso
olio extravergine di oliva
sale e pepe

Macerare per 12 ore la carne coperta di vino rosso. Quando la carne è pronta, toglierla dal vino, lardellarla con il guanciale e i chiodi di garofano, condire con la maggiorana, il pepe e il sale (10 g per chilo circa). Legare con lo spago da cucina, quindi mettere in tegame, far rosolare con il cipollotto, la costa di sedano, la carota tritati e un filo di olio.
Bagnare con un bicchiere di vino roso e appena evaporato coprire la carne con la salsa di pomodoro. Lasciare cuocere a fuoco lentissimo, anche fino a 4-5 ore, eventualmente aggiungendo qualche mestolino di acqua.
* nella nostra versione, visto che non avevamo padella che potesse contenere quella dimensione, abbiamo avuto l’autorizzazione a mettere tutto in forno (assieme) e cuocere a 70°C per 18 ore. Abbiamo bagnato durante la cottura la carne con il sugo (ogni tanto) e alla fine risultato strepitoso. Carne tenerissima e piena di sughi, sapore favoloso.

Grazie Roberto!

18 Comments

  1. La foto della carne cotta non c’é perché, dopo la meritata attesa, ve la siete pappata subito? :)
    Buoan giornata

    • esatto Sele, esatto. E perché il fotografo continuava a dire: non ci sta nella macchina fotografica, non ci sta, è troppo grande!

      • caspita… era grande, però se l’è belleepappata veloce veloce

  2. quando ho letto il titolo del post pensavo a tutt’altro! Questo piatto che ricorda tanto il mio cognome lo devo fare per forza!! Cavolina come avete fatto a tenere il forno acceso 18 ore??

    • sì, Claire, in effetti! pensa che un altro “garofolo” ci si voleva cimentare in versione pasta ;)
      Per quanto riguarda il forno, è stato facile: l’abbiamo fatto e basta. Poi toccherà vedere la bolletta…

  3. Daaiiii, pensa che io ho dovuto eliminare il garofalato dal capitolo sulla cucina nel libro fotografico che abbiamo fatto su Roma perché oramai non si fa più da anni (anche se la tentazione di inserirlo era tanta perché era una delle portate che si preparavano solo in occasioni molto speciali. E, per inciso, neanche tutte le famiglie potevano permetterselo, anzi…).
    Complimenti a voi, soprattutto per l’attesa :-D), e al grande Liberati.
    Immagino sia stato uno spettacolo di sapori.
    Viaggiate sempre più alti, cari Calicanti :-)

  4. Mademoiselle Manuchka Reply

    “Ci sono esperienze che nella vita sai che saranno irripetibili. O quasi.”
    ecco, io mi aggrappo come un koala a quel quasi :)

  5. Oddio, sono le 10 e già ho fame. Ma come glielo spiego al carnicero barcelonés il girello? Mi sapete dire il nome in spagnolo di questo taglio?
    Ho voglia di provarlo. Grazie mille!

    • Nicoletta, qua dopo consulti incrociati via Fb, risulta: maminha de alcatra (scamone), ma pure contratapa e poi redondo (che dalle immagini di google mi pare quello più somigliante). Facci sapere mi raccomando che dice il carnicero.

      • Perfetto! Sabato vado al mercato di Santa Caterina, dal mio carnicero di fiducia (David) e glielo chiedo. Vi terrò aggiornati. Saludos!

        • ecco, poi però un giorno me lo presenti David, al mercato di Santa Caterina.

  6. Pingback: ritratti alimentari n°24. Laura e il cuore – la cucina di calycanthus

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