“Un figlio di Re mangiava a tavola. Tagliando la ricotta si ferì un dito e una goccia di sangue andò sulla ricotta. Disse a sua madre: -Mammà, vorrei una donna bianca come il latte e rossa come il sangue.
– Eh, figlio mio, chi è bianca non è rossa e chi è rossa non è bianca. Ma cerca pure se trovi.
Il figlio si mise in cammino. Cammina, cammina, incontrò una donna: – Giovanotto, dove vai?
– E sì, lo dirò proprio a te che sei donna!
Cammina cammina, incontrò un vecchierello. -Giovanotto, dove vai?
– A te sì che lo dirò, zi’ vecchio, che ne saprai certo più di me. Cerco una donna bianca come il latte e rossa come il sangue.
E il vecchierello: -Figlio mio, chi è bianca non è rossa e chi è rossa non è bianca. Però, tieni queste tre melagrane. Aprile e vedi cosa ne viene fuori. Ma fallo solo vicino alla fontana”.
La fiaba è tratta dalla raccolta, celebre e bellissima, delle Fiabe italiane trascritte da Italo Calvino (Einaudi, 1956). é una fiaba abruzzese piena di prodigi e piena di morti violente, proprio come ogni fiaba che si rispetti. Muoiono le fanciulle venute fuori dalle melagrane, muore la palombella, muore alla fine anche la Brutta Saracina e il giovane principe, forse un tantino ingenuo, finisce finalmente per sposare la giovane bianca-e-rossa nata due volte ma sempre dalla melagrana.
Al centro della storia c’è dunque proprio questo frutto, il melograno (o la melograna, o la melagrana). Ricco di semi e di significati simbolici, il melograno ha accompagnato i faraoni nel loro viaggio verso l’aldilà, ha condannato Persefone all’esilio, è stato letto come metafora del sesso e della fertilità nel Cantico dei cantici e molto oltre. Viene coltivato da cinquemila anni, ha un colore bellissimo, un sapore aspro e dolce allo stesso tempo, ed è ancora molto usato nella cucina medio-orientale.
Ma anche qui da noi, in molti giardini e qualche volta persino spontaneo ai bordi delle strade, il melograno torna, prezioso, all’inizio di ogni inverno.
E a lui ( o a lei, la melagrana) dedicheremo tutta la nostra prossima settimana.
maite, marie e il fotografo
6 Comments
mio padre un giorno nella libreria del porcellino a Firenze mi regalò quel libro, un libro magico, quanto ho amato quelle storie… m’immagino la piccola Maite leggendolo in una mattina d’inverno lì vicino alle Alpi ed immagino il fotografo leggendolo all’ombra di un pino marittimo. buon we a tutti.
bene, una settimana sul frutto del melograno
verrò a vedere, di sicuro. Grazie della email, Maite, siete stati inseriti tre secondi fa nel mio blogroll
Ma che post fiabesco per introdurre un nuovo ingrediente altrettanto magico … sono molto curiosa e con tanta voglia di imparare :-) Baci
Il melograno, pieno di gioielli rossi e buonissimi..
proprio come questo blog, uno scrigno sempre più bello..
grazie davvero per questo post delizioso e che racchiude – neanche a farlo apposta! – il frutto e lo scrittore che preferisco!
Non mi resta che attendere le prossime puntate…
sto leggendo anch’io al mio bambino questa storia. la nostra versione però si intitola “Le tre Melarance”.