Tag

crostata

Browsing

Crostate

Per anni da bambina ho odiato le crostate. In realtà, ma allora non lo sapevo, non odiavo le crostate in assoluto, ma quella che per me era la crostata: una cosa dura come un sasso e coperta di una coltre vischiosa e scura, che riusciva ad essere allo stesso tempo troppo dolce e troppo amara.

Qui tocca fare qualche premessa di archeologia famigliare. Mia madre non faceva crostate, non ne aveva l’abitudine e in generale i dolci non erano la sua passione. Mia nonna aveva altri cavalli da battaglia, su cui si muoveva a suo agio e che esibiva a briglia sciolta appena ci aveva a tiro; dunque la crostata era cosa della zia Anna.

La zia Anna era una sorella di mio nonno, dolce e un poco timida, con occhiali a farfalla anni Sessanta e una vocina flebile che però a tratti le virava garrula.


Ogni estate, appena saputo che eravamo arrivati dal Continente, metteva mano alle opere e sfornava la sua crostata. Arrivava avvolta in carta oleata, amorosamente infiocchettata, accolta con sperticati complimenti e festosi ringraziamenti, tanto che la zia Anna in cuor suo doveva essere convinta che della sua crostata non potessimo fare a meno. Ma appena partita la zia cominciava il calvario di quella crostata che non trovava clienti.

Me la proponevano a merenda e anche a colazione, veniva tirata in ballo appena qualcuno si azzardava a dire che aveva fame, ma dopo la prima fetta tagliata a fatica in quel blocco compatto, la crostata languiva in dispensa e quasi sempre finiva per esser preda delle formiche. A quel punto mia madre, sollevata nel senso di colpa, concludeva con un sospiro che ci toccava proprio di buttarla.

Tutto questo per dire che ci ho messo un poco ad amare le crostate, e ancora di più a decidermi a impastarne. Poi però si sa come vanno queste cose e quando è stato il momento di emanciparmi in cucina, di metterci la mia firma la cosa più sensata, e pure la più ovvia, è stata avventurarmi su un terreno vergine, o quasi. Non dovevo “vedermela” con la mamma o la nonna, ma semplicemente con la zia Anna, difficile poter fare peggio di lei. E da lì son cominciate le crostate.

Dopo tanti e tanti anni di allenamenti iniziati alle medie con una crostata di crema pasticcera e kiwi che era il mio cavallo di battaglia (!) è finita che alle crostate abbiamo dedicato un libro, assieme ovvio ai miei compagni di merenda, Marie e il Fotografo.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è crostate.jpg


Quel libro, uscito nel 2013 per il nostro editore è il nostro primo libro del mese. Ci guarderemo dentro e lo racconteremo per un mese intero, a giugno ne prenderemo un altro, sempre scelto dallo scaffale calycanthus, e così mese dopo mese per un tempo che si annuncia lunghetto (di libri per ora ne abbiamo fatti 22…)

Oggi cominciamo con questa ricetta della crostata di cioccolato al latte, semplicemente perché è la preferita di Anna quando le sue amiche vengono a casa a fare merenda. E lei di crostate se ne intende per molte e molte ragioni, ma di questo parleremo più avanti.

La ricetta a pag. 40 del nostro libro Crostate

Per una tortiera da 28-30 cm
Tempo di preparazione: 30 minuti + 1 ora per il riposo dell’impasto
Tempo di cottura: 25-35 minuti circa

250 farina
180 burro
95 zucchero a velo
1 tuorlo
1 pizzico di sale
250 g di cioccolato al latte
100 g di panna fresca
20 g di burro leggermente salato
granella di nocciole per decorare

Sul piano di lavoro o nell’impastatrice setacciate la farina con lo zucchero e lavorate con il burro, quindi unite l’uovo e il sale e impastate il tutto velocemente. Quando l’impasto è omogeneo formate la palla e conservatela in frigorifero per un’oretta. Trascorso questo tempo stendetela e foderate una teglia imburrata, foderate con la carta da forno e riempite con i pesi per la cottura in bianco. Infornate in forno già caldo a 180 °C per 15-20 minuti quindi sfornate, eliminate i pesi e cuocete ancora per 5-10 minuti. Fate raffreddare.
Preparate la crema: scaldate la panna senza farla bollire, quindi spegnete e unite il cioccolato tagliato in pezzi molto piccoli. Quando tutto sarà sciolto e la crema risulterà omogenea unite il burro per dare lucentezza.
Versate la crema nel guscio, livellate e fate raffreddare. Al momento di servire cospargete la crostata di granella di nocciole.

La crostata alla crema perfetta di Sara

Abbiamo conosciuto Sara d’estate qui a Barcellona. Una di quelle cose belle che ogni tanto succedono nella rete e dalla rete escono, diventano fisiche e molto reali.

Era la fine di giugno, faceva caldo, nulla sapevamo di mascherine, distanze, precauzioni e confinamenti. Si viaggiava facilmente, si usciva a cena, e in pasticceria c’era solo il profumo incredibile dei croissants, senza code alla porta, senza gel disinfettante. Un’altra vita a guardarla da qui.

Abbiamo pranzato insieme nel nostro mercato, al Bar Joan dove, un poco come al Maigret di Simmenon a cui conservano il tovagliolo, sanno sempre quel che ci piace, quello di cui abbiamo bisogno. Abbiamo condiviso indirizzi, abbiamo fatto da guida e alla fine ci siamo ritrovati tutti insieme sul terrazzo di casa per la festa del mio compleanno, già un poco clandestina, ma solo per colpa dei vicini brontoloni.

Insomma un piccolo colpo di fulmine, così come Sara ha scritto nei calorosi ringraziamenti che ci ha dedicato nel suo libro, uscito da poco anzi da pochissimo.

Sara ha una bella storia un poco romantica, un sorriso aperto, una bimba poco più piccola di Anna, gonne svolazzanti e un compagno con cui gioca anche a pingpong e che lo vedi da come la guarda il bene che le vuole.

Ora che siamo tutti un poco distanti, ancora per un poco, tutti questi ricordi sono più preziosi e ci aiutano a immaginare la forza con cui torneremo a codividere e ad abbracciarci, così come è stato in quella sera d’estate sul nostro terrazzo qui a Barcellona.
Mentre aspettiamo ci sono cose che non smettono di viaggiare, i libri e la cucina ad esempio

La ricetta è di Sara, tratta dal suo libro Dolci senza bilancia in cui è proposta in due diverse versioni (morbida e croccante): noi abbiamo scelto quella morbida e aggiunto le mele. Nel libro le indicazioni delle quantità sono in doppia modalità (con e senza bilancia) per non avere nessuna scusa per non preparare un dolce…

La ricetta

Per la frolla:
100 g di burro freddo
4 cucchiai di zucchero a velo (60 g)
1 +1/2 bicchiere di farina (150 g)
1 tuorlo
1 cucchiaio raso di acqua fredda
1/2 cucchiaino di sale

Per la crema:
1 bicchiere + 5 cucchiai di latte (250 g)
2 tuorli
1/2 bicchiere di zucchero (85 g)
2 cucchiai rasi di farina (20 g
1/2 cucchiaino di sale
1/2 bacca di vaniglia o scorza di limone

Taglia il burro a cubetti e versalo in un robot da cucina o nella planetaria assieme allo zucchero a velo (per una frolla più croccante usa quello semolato). Mescola bene a massima velocità alta fino ad ottenere una crema (se si fa con le mani attenzione a non scaldare troppo l’impasto). Unisci il tuorlo, la farina e l’acqua e lavora in modalità pulse finché gli ingredienti non legheranno tra loro. Il composto non deve risultare compatto ma un po’ sbriciolato.
Rimuovilo dal robot e compattalo tra le mani formando un panetto. Posizionalo tra due fogli di carta da forno e stendeli con il mattarello. Lascialo freddare così in frigorifero per 30 minuti.

Preparare la crema.
In un pentolino scalda a fiamma moderata il latte con i semi della vaniglia, incluso il bacello svuotato (oppure con la buccia grattugiata del limone o dell’arancia). Copri il pentolino con della pellicola trasparente, così da trattenere l’umidità senza che evapori. Porta a bollore e rimuovi dal fuoco.
Nel mentre in una ciotola mescola zucchero e tuorli, evitando di lasciarli a contatto fra di loro senza prima mescolarli. Aggiungi il sale e la farina setacciata. Mescola energicamente con una frusta a mano.
Versa piano 1/2 del latte caldo all’interno dela ciotola, mescolando con la frusta continuamente. Una volta ottenuto un composto liscio, rovescialo nel pentolino con ilrestante latte senza rimuovere il bacello e riaccendi il fuoco a fiamma moderata. Dovrai girare finché la consistenza della crema non comincerà a diventare più densa. Di tanto in tanto fermati per vedere se in superficie appaiono delle bollicine: appena le vedrai spegni il fuoco e travasa subito la crema in una ciotola pulita. Adesso è importante continuare a mescolare con la frusta: così diventerà più lucida.
Conservare la crema conservandola con pelicola trasparente a contatto, sempre con il bacello all’interno per conferire più profumo.

Rivesti uno stampo da crostata. Prendi la crema ed emulsionala per qualche secondo con una frusta a mano. Poi usala per farcire la crostata e impiega le rimanenze dell’impasto per decorare il dolce con delle striscioline. Riponi in frigorifero per 30 minuti poi inforna a 170°C in forno preriscaldato con modalità ventilato per 35-40 minuti.

Nota: nella nostra versione in cui abbiamo utilizzato esattamente queste dosi (e non i multipli come indicato da Sara) abbiamo scelto una forma piccola (circa 20 cm di diametro) e abbiamo sistemato sopra alla crema fettine sottilissime di mela irrorate di succo di limone)

La crostata di compleanno di Paola

Giugno inaugura per noi la stagione dei compleanni, da sempre e per sempre. Iniziamo alla fine del mese a dire le cose come sono, ma già a scrivere giugno nella data distesa (come la chiama Anna) pare di dover andare a pescare le candeline con un misto di nervosismo e di fiducia.

Quest’anno poi abbiamo iniziato prima, perché giovedì è stato il compleanno di un’amica speciale che festeggiava un compleanno spciale, proprio qui, al confine della piazza.

Ma siccome siamo ancora in una qualche fase del confinamento (o dello sconfinamento o dello sfinimento?!) ci siamo attrezzate con tavolino, bottiglia di cava, in tre ragazze e due bambine. Tutto all’aperto, proprio sulla Baixada tra il negozio di Claudia e la casa di Paola. Una cosa molto da vicini che sono stati lontani e che si ritrovano con tutte le cautele.

Poi nel fine settimana, siccome era avanzata un poco di frolla Anna ha pensato che voleva una torta di non compleanno e se l’è fatta in versione bianca, senza sentire questioni sulla decorazione, perché “mamma ognuno ha i suoi gusti!”.. e i suoi sono chiarissimi.

La ricetta

Per la frolla:
300 g di farina 00
100 di burro freddo a dadini
100 di zucchero a velo
1 uovo e 2 tuorli

per la ganache:
200 g di cioccolato fondente 70% per Paola (e bianco per Anna)
200 ml di panna da montare
20 g di burro

frutta a piacere per decorare
fiori edibili opzionali (i nostri di begonia)

Setacciare la farina assieme allo zucchero a velo, quindi lavorare velocemente con il burro fino ad ottenere un composto sabbioso. Incorporare l’uovo e i tuorli e lavorare il minimo per ottenere un composto omogeneo. Avvolgere nella pellicola e conservare in frigo per almeno 1 ora.
Trascorso il tempo stendere l’impasto tra due fogli di carta da forno e foderare una teglia da crostata grande o due piccole (di circa 20 cm di diametro). Bucherellare con i rembi di una forchetta e conservare in frigorifero per 2 ore almeno. Cuocere in bianco (foderando il guscio di pasta frolla con carta da forno e coprendo con biglie o legumi secchi) per circa 15 munuti a 180°C, togliere i pesi e la carta e far asciugare qualche minuto ancora a 160°C.
lasciare raffreddare.
Preparare la ganache. Tagliate il ioccolato in pezzetti piccoli e regolari. IN un pentolino scaldate la panna senza arrivare al bollore, spegnere e aggiungere il cioccolato mescolando finché non sia del tutto sciolto e incorporato. Aggiungere il burro che darà lucentezza alla ganache. lasciar intiepidire quindi farcire il guscio di pasta frolla. Conservare in frigorifero per un paio d’ore, quindi decorare con la frutta.


crostata di scarola

Di crostate ne abbiamo impastate un libro intero, ma la voglia di mettere mano alle griglie non ci è passata.
Il fatto è che quel guscio croccante, ripieno di ogni bene e intrecciato sopra come un ricamo è una trama che si presta a mille versioni e a mille stati d’animo… e del resto a primavera, per qualche strana ragione, si ha più voglia di sfoderare le teglie basse, da crostata appunto, come se il lievito che cresce nel forno fosse roba da inverno e la stagione nuova ci portasse invece a concentrarci su impasti bassi che non gonfiano, tutti presi dai ripieni.
In questa versione si è andati sul classico, quello salato però, con una torta di scarola leggermente rivisitata e un guscio integrale ad abbracciarla.

Crostata di alberelli bianchi

Non abbiamo mai fatto fatica a mangiare le verdure, anzi.. zucca, avocado, broccoli, zucchine, fagiolini e pastinache in un balletto facile e pure colorato che faceva pensare che ci vuole? Ma tutte le storie sono fatte per vivere di parentesi e così, da un giorno all’altro, le verdure son diventate una cosa nemica: se le mangia la mamma! se le mangia il papà!
Sono sopravvissute a questa diaspora poche cose: gli avocadi (specie quelli che il nonno ha portato dalla Sicilia), i fagiolini e lui il cavolfiore, quello bianco, ma solamente fatto a racconto e trasformato in una selva di minuscoli alberelli. Anna inzia sempre dai più piccoli, piccoli come Anna, ma poi ne mangia una foresta cavalcando sul filo sottile della mia idiosincrasia con il cibo figurativo.

crostata con fragole e rabarbaro

Classico è un classico, persino in una stagione strampalata come questa. Il problema semmai è reperire il rabarbaro che saltellando da nord a sud, da sud a nord rimane, per i nostri pollici assai neri, una chimera. Ci abbiamo provato e pure riprovato, in vaso sul davanzale tra i monti, in giardino a Roma (e ci manca solo di arrischiarci a portarne una piantina in Sicilia dove suonerebbe molto esotico…) ma niente da fare: il massimo che abbiamo ottenuto sono foglie stentate e stecche ridicolmente sottili. Poi però capita che Marie ne intercetti qualche gambo a peso d’oro in zona Campo dei Fiori, ne impasti una crostata pensando alle fragole di Federica e che la teglia viaggi (via fotografo) fino a sù, ad accompagnare l’attesa…

crostata di arance di nonna pina

Dalla sicilia anche qualcosa da preparare e mangiare, qualcosa di “pratico” (una ricetta) oltre alla teoria (il reportge), come piacerebbe all’arrostitore di stigghiole all’angolo della Vucciria che ci ha tenuto un lezione sui sapori e odori della tradizione. E la crostata di arance ci sta a pieno titolo, visto che ci arriva da una ricetta di Nonna Pina, siciliana e cuoca d’eccezione. Una crostata particolarmente fina e croccante, piaciuta moltissimo perfino al fotografo che diffida dei dolci “panosi”.

crostatine di spinaci alla catalana

A fare bene si dovrebbe dire spinaci all’ampurdanesa, secondo Sergi della libreria “know food” di Barcellona che ci ha raccontato, e regalato, la ricetta. Ma per noi Sergi è soprattutto Barcellona e ancor di più il microcosmo cosmopolita e brulicante di Gracia, quindi in uno sforzo metaforico-metonimico abbiamo tirato dritto e sintetizzato in “spinaci alla catalana”.
Curiosi di tradurre in cibo la sua ricetta detta in parole abbiamo seguito le istruzioni alla lettera, di nostro ci abbiamo aggiunto semplicemente la declinazione a crostatina, con tanto di gratella sottile ma senza formaggio, senza uovo… solo spinaci, uvetta, pinoli e sapienza catalana!

Pin It