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sarde in saor

Il saor è un modo di conservare il sapore tipico della cucina veneta e veneziana in particolare. 
È a base di cipolla, aceto e uvetta e il sapore lo conserva bene, macerando insieme le lacrime della cipolla, l’agro dell’aceto e la dolcezza dell’uvetta. Nel misciglio delle sensazioni che la bocca raccoglie non si sa distinguere bene se si prova nostalgia o diniego, melanconia o disposizione al piacere.
Ma il saor conserva bene anche i ricordi, quelli veneziani in particolare, così Maite nel divorare lo splendido volume di Stanislao Porzio dedicato ai cibi di strada (I volume) ha ritrovato lampredotti e ascolane, persino Meraner e Frankfurter, ma è alla Venezia dei bàcari che si è fermata intontita da una risacca di nostalgia.
Sarà che in laguna ci è nata, sebbene di passaggio e praticamente per caso, sarà che ci ha “addentato” il carnevale vero quando ancora esisteva, sarà che ci ha vissuto senza abitarci gli anni dell’università, anche se non la sua però… Ecco allora che il “giro di ombre” (in cui Porzio si cimenta), la trattoria-La vedova (che Porzio trova chiusa) con le sue polpette celeberrime tra gli studenti, la cantina dei Do Mori con la sua fauna eterogenea (che Porzio sperimenta gomito a gomito) hanno ridestato il saor.

E nel saor si risentono le spese tarde del sabato mattina al mercato di Rialto, le verdure degli orti di Sant’Erasmo, e in stagione castraure e moeche, canoce e moscardini, sempre allo stesso banco, sempre mano nella mano. E tra i sacchetti delle spese si mescolava sempre qualche spritz e quei tramezzini del bàcaro all’angolo della pescheria tagliati come francobolli ma ripieni come pacchi, si faceva sempre tardi, i progetti per il pranzo si allungavano e si mangiava già ubrachi alle cinque del pomeriggio con la luce già calata dell’autunno.
Le sarde (loro) sono sopravvissute (forse ancora per poco) a tutto questo, ma esiste ancora quella Venezia in saor?

chutney di pere cotogne

Non è che si tratti esattamente di una marmellata da colazione ma è a suo modo golosa e speriamo possa piacere a Lory che passa spesso di qui la mattina (molto, molto presto…) a bere il suo primo caffè.
Come tutte le chutney è molto speziata e associa al dolce della frutta-dolce (si scelgono spesso per farla mele, manghi, tamarindi e cose così) l’agro dell’aceto e la presenza legante delle cipolle. In questa versione, inventata per trovare degna collocazione a 4 pere cotogne che si trascinavano nel frigo da più di una settimana, l’equilibrio di gusti sembra particolarmente ben riuscito anche se forse a livello di consistenza la chutney è risultata un po’ troppo morbida, per non dire spappolata… forse avevamo tagliato le pere cotogne a dadi troppo piccini, o forse è proprio di questa frutta “antica” disfarsi così, essendo troppo abituata a farsi cotognata…

passata di pomodoro

Prima che sia tardi, prima che i pomodori diventino “falsi” di serra olandese, conviene organizzarsi, cimentarsi, mettercisi!
La faccenda del resto non è complicata come potrebbe sembrare, né roba da autarchiche nonne del sud (o del nord che sia), ma al contrario è un lavoro facile e persino piacevole, anche se naturalmente tutto dipende dalle proporzioni: se si intende preparare barattoli per tutto l’inverno per sè e magari pure per regalarli agli amici a Natale, un po’ di coraggio o di incoscienza vanno messi in conto.
Ma che siano grandi o piccole quantità è un “gioco” che val la pena di giocare, magari coinvolgendo i bambini, come si faceva a casa di nonna Pina (la nonna siciliana di maite) sul finire dell’estate, quando per un’intera giornata tutti ma proprio tutti avevano il loro ruolo nella preparazione delle buttigghie

pasta con la borragine

Borago officinalis (vedi dizionario) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Borraginaceae. Originaria del vicino Oriente, fu introdotta in Spagna e di lì si diffuse copiosamente in tutta l’area mediterranea.”

Le notizie sulla borragine tratte dal bellissimo libro di Cristina Bay e Gottardo Bonacini, Il giardiniere goloso (Ponte alle grazie, Milano 2008) hanno la capacità di restituire a questa piantina delicata e romantica, piena di fiorellini azzurro-violetti, tutto un sapore evocativo che la colloca nella storia, quella araba, quella romana e poi medievale… Scopriamo così che la Borragine è nota come “la pianta che allontana la malinconia”, che ha proprietà diaforetiche (cioè fa sudare) e che proprio da questa caratteristica deriverebbe il suo nome arabo (abù’araq) poi diventato borraginem nel latino medievale.

Nel vederla al mercato ancora in questa stagione (privilegi della montagna!) veniva quasi un po’ di nostalgia anticipata, immaginando che questa sia l’ultima, che bisognerà aspettare maggio… ed allora, complice la signora che l’ha raccolta nel suo orto, portata al mercato e persino elargito consigli su come “onorarla” al meglio… ci abbiamo fatto la pasta! 

alioli

A cercare un aggettivo per l’aglio, il fotografo direbbe fotogenico, maite e marie insostituibile.
L’alioli ne è l’essenza pura. Una salsa dalle origini antichissime, egizio-romane-andaluse-siciliane, si usa ancora moltissimo nella cucina catalano-valenciana (due cucine accomunate da molti sapori) ma anche in provenza e in alcune zone d’italia.

La ricetta autentica prevede solo aglio e olio, pestati a lungo, con pazienza, fino ad ottenere una salsa bianchissima e consistente.
In Calalunya si usa ancora il mortero tradizionale, giallo e verde, ma sono ormai ammesse variazioni “moderne”, con l’uovo, per facilitare e accorciare i tempi. Ne viene fuori una specie di mayonese, molto agliosa, e un po’ gialla. Addirittura si può usare il minipimer per ottenerla in pochi minuti.

Ecco le due variazioni negli appunti di Gloria (originale e traduzione)

canarià (crema turca di carote e yogurt)

La ricetta è turca, facile e soprattutto fresca. Si potrebbe intendere come una sorta di tzatzichi, con le carote al posto dei cetrioli e con meno (molto meno…) aglio. A differenza del cugino greco questa cremina richiede un passaggio rapido dalla padella, giusto per far ammorbidire le carote, ma ugualmente va mangiata fredda spalmata sul pane (l’ideale sarebbe tipo pita), oppure con verdurine fresche come un pinzimonio.
In questa versione agli ingredienti della ricetta tradizionale è stato aggiunto lo zenzero per dargli un po’ più di verve, ma la cosa è facoltativa e allo zenzero si possono sostituire molte altre possibili variabili, ad esempio il cumino. Non resta che provare…

salsetta (basica) di avocado

L’avocado lo adoriamo. Maite ne possiede in Sicilia due amatissimi alberi che producono capricciosamente e di testa loro: vale a dire un anno tanto tanto, un anno niente niente… Di necessità virtù si è imparato ad usarli in tutti i modi, a conservarli molto a lungo, a festeggiarne l’abbondanza a pazientarne la carestia.  Ma tra tanti esperimenti, alcuni arditi altri meno (qualcuno ha provato a magiarli come frutta irrorati di maraschino) le virtù dell’avocado sembrano esaltate dalla semplicità, come in questa salsetta, tanto basica e leggera da non essere neppure un guacamole…

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