Ci sono regali destinati a cambiare le abitudini, se non proprio a dischiudere mondi. In questo caso trattasi di macchina per la pasta, di quelle a manovella, tradizionali, tradizionalissime, tutta cromata e dal nome incorruttibile.
è entrata in casa a Natale, dalle mani di una persona speciale, e da allora è stato come da bambina con un giocattolo nuovo, una specie di “a noi due” pieno di promesse, ma da subito carico di fisicità.
Sì perché personalmente non ci avevo provato mai, la pasta fatta in casa non faceva parte della mia valigia di saperi di cucina, mia mamma non la faceva, mia nonna poco e solo di grano duro, ma niente sfoglia.
Io per parte mia mi ci ero buttata (con Marie si intende, già molto più navigata) studiando la bibbia delle Simili, sfruttando i video di youtube e i consigli di Sara (che vanta discendenze emiliane), ma sempre e soltanto brandendo il mattarello. Risultati discreti, poi via via più buoni ma molta, molta fatica e qualche volta persino lividi tra il polso e il confine del palmo. Roba dura insomma, che relegava la pasta fatta in casa nel rango delle imprese, possibili certo, ma di quelle da partire armati se non altro di pazienza, energia e tavolo amplio.
La macchinetta rende le cose decisamente più quotidiane, per quanto non abbia ancora capito quanto pesi il fattore novità. Ma per ora è un gioco appassionante, che lascia intatto il piacere dell’impastare e del giocare a sperimentare le farine e i gusti e schiude interazioni potenzialmente infinite con il giocattolo di cucina preferito dello scorso anno, l’essiccatore.
steak au poivre vert
Questo grande classico della cucina francese andrebbe rubricato diretto-filato nella categoria “ricette da single”. Non perché in sè sia semplicissimo (niente di particolare ma qualche destrezza sui tempi la richiede), ma perché, per qualche ragione forse non del tutto esplicitabile, fa un effetto altamente seduttivo. Sarà che è carnoso, cremoso, piccante, aromatico, sarà che appunto fa francese ma francese classico, ossia parigino d’antan, sarà che in qualche misura è un piatto che viene da associare al maschile, ma insomma sarà quello che sarà le steak au poivre “fa sangue”.
Lo immagini, lo guardi, lo mangi e lo associ a un uomo in maniche di camicia, a un grembiulone di quelli virili lunghi scuri senza pettorina e riallacciati davanti, a una brasserie in un autunno parigino ed evidentemente piovoso, a un ballon di merlot, eccetera, eccetera, eccetera…
il pain d’épices all’arancia di Felder
Tanto vale confessarlo subito: delle ricette dei cuochi famosi abbiamo spesso paura, un timore reverenziale che si associa al ricordo di molte battaglie perse sul campo, per quanto fossimo partiti armati (e di tutto punto!) delle migliori intenzioni.
è che sul libro tutto sembra facile, l’entrata in scena di ogni singolo ingrediente, l’incontro, la cottura, l’inevitabile happy-end, in realtà la frustrazione è dietro l’angolo e lascia tracce difficilmente cancellabili. Nel caso poi dei pasticceri è proprio il caso di dire che la paura fa 90 e così, spesso, si rinuncia direttamente ad andare in scena.
Per tutte queste ragioni (fobie?), pur avendone naturalmente sentito parlare, di Christophe Felder, come di tanti altri, non avevamo provato a “recitare” nulla. Poi un giorno, sfogliando un vecchio numero di Elle à table salta fuori un pain d’épice alla marmellata d’arancia, miracolo a casa c’è tutto e siamo persino in due (per una volta insieme nella stessa cucina) difronte a una sfida sola, ce la possiamo fare..
carotine speziate
Le carote!
… arancioni, colorate, divertenti, è una di quelle verdure che si trova sempre. Qui le abbiamo declinate in una versione semplice e veloce, che volendo si può fare tutto l’anno. L’estate un po’ come una zuppetta dissetante, l’inverno come piccolo aperitivo dietetico. In questo periodo si ha voglia si, di mangiare leggeri (tra i buoni propostiti non proprio dimenticati c’è lo spettro della dieta… ), ma ciò non esclude l’organizzare cenette leggere per gli amici.
chutney di pere cotogne
Non è che si tratti esattamente di una marmellata da colazione ma è a suo modo golosa e speriamo possa piacere a Lory che passa spesso di qui la mattina (molto, molto presto…) a bere il suo primo caffè.
Come tutte le chutney è molto speziata e associa al dolce della frutta-dolce (si scelgono spesso per farla mele, manghi, tamarindi e cose così) l’agro dell’aceto e la presenza legante delle cipolle. In questa versione, inventata per trovare degna collocazione a 4 pere cotogne che si trascinavano nel frigo da più di una settimana, l’equilibrio di gusti sembra particolarmente ben riuscito anche se forse a livello di consistenza la chutney è risultata un po’ troppo morbida, per non dire spappolata… forse avevamo tagliato le pere cotogne a dadi troppo piccini, o forse è proprio di questa frutta “antica” disfarsi così, essendo troppo abituata a farsi cotognata…