In questo caso davvero c’è solo da dire grazie. Grazie ad Emma, grazie a Cecilia, grazie a Massimo e grazie un poco pure a Matteino che sa scegliere bene.
Le ricette, lo diciamo spesso e lo viviamo di più, non sono solo regali generosi, ma fatti di mani, esperienza e sapori con la capacità di tenere tutto insieme. Nel panpepato queste virtù sembrano pure più evidenti, mescolanza fatta per durare di ingredienti preziosi. Dunque grazie.
i cavallucci di giampiero
Visto che questa sembra essere la settimana delle ricette (dolci per di più!) regalate dagli amici, questi cavallucci, quelli di Giampiero, ci dovevano proprio stare. Sì certo la stagione non è proprio proprio quella abituale per proporli, ma volendo guardarla da un altro punto di vista sono perfetti per il pic nic di domenica, si trasportano, sono a tema (il bianco) e pure un tantino originali. Come dire che potrebbero non sfigurare con uova, pop corn, birra bianca, meringhe e magari vincere pure…
mini muffin allo zabaione
Questo nome lungo, vagamente esotico e anche un tantino fighetto (diciamocelo…) nasconde in verità una ricetta di quelle tradizionali che più tradizionali non si può, cuore del Chianti e di una tradizione fatta non tanto e non solo di semplicità, ma più propriamente di buon senso. Lo zabaione, di per sè, è già un esercizio di sapere popolare che massimizza le uova e lo zucchero. Poi in periodo di Pasqua, quando le uova sono tante e i dolci imprescindibili, lo zabaione finisce in forno, così si addensa e si caramella, diventa un bon bon e si conserva più a lungo. Più sensato di così?
mario
Allora, visto che questo mese di aprile sembra monopolizzato dal pesce (per ragioni proverbiali forse…), era il caso di mettere un po’ di carne al fuoco. Così, di tanti momenti in cui avremmo voluto parlare di Mario, scegliamo questo, perché alla fine è così succede con le con le cose a cui di più si vuol bene e che si sentono un po’ di famiglia. Sì, perché da Mario ci si va dai tempi dell’università, condividendo tavoli e sgabelli “insieme a quegl’altri”, con tutto il piacere di non vederlo cambiare. Stesse code il sabato, stessa commistione sana di turisti avvertiti, di studenti squattrinati, di “abbonati” fiorentini che da Mario vengono dal 1953 e tutta la vita che ruota intorno al mercato di San Lorenzo. E, nel mezzo della confusione beata e sanguigna di una Firenze che ancora esiste e resiste, fa piacere rivedere, anno dopo anno, sempre quelle stesse facce e l’accoglienza semplice di chi, pur vedendo centinaia di persone ogni giorno sedersi ai propri tavoli, riesce a ricordarsi il tuo nome e a festeggiare un poco anche il tuo ritorno.
le recensioni dei calycanti. solociccia di dario cecchini
Ci siamo stati. E poi ci siamo tornati. Il menù da Solociccia è sempre quello, strutturato da cima a fondo attorno ad un tema solo, e il tema, è evidente, è la carne, la ciccia. Sì perché il Cecchini è un macellaio, anzi è il macellaio di Panzano in Chianti. La sua “bottega”, l’antica macelleria Cecchini, sta proprio di fronte al ristorante e lui si giostra giocoliere, saltimanco, attore consumato nel palcoscenico animato e conviviale che include la bottega, la casa (cioè il ristorante) e lo spazio che sta nel mezzo. Ma la sensazione è che sia un po’ tutto il paese a circondare il Cecchini e lui ad essere parte del paese e del Chianti, in generale. Del resto Solociccia è un’esperienza: si aspetta insieme agli altri il turno di servizio (ce ne sono due a sera) e insieme agli altri si mangia, passandosi vassoi e chiacchierando spesso in diverse lingue, ci si può portare il vino da casa e anche qui capita di scambiarsi le bottiglie. Poi la sequanza è fitta…
le recensioni di calycantus. baroni al mercato centrale di firenze
Va beh, si sarà capito, questa deve essere la settimana delle recensioni. Però, se il fotografo insiste nel farci venire nostalgia di Barcellona, è vero che ci vuole niente a spalancare la porta all’amarcord delle stagioni vissute da studenti, dove finiscono per condensarsi ricordi strani e strane abitudini. Così, se è stato a Siena che qualcuna tra noi (cioè Maite, visto che Marie lo sapeva già fare e del fotografo invece non si sa) ha imparato a “spennare” un cavolo nero, a Firenze invece, con il primo lavoro, si è affinata la scienza tutta speciale di una spesa che sappia consolare del poco tempo, arginando le frustrazioni. Baroni è, appunto, la risorsa fiorentina di questa pratica, perché vi si trovano condensati in un banco solo (per quanto molto grande!) l’andata e il ritorno di ogni tipo di desiderio alimentare in fatto di formaggi e salumi con una virtù rara a firenze, lo sguardo aperto. Perché, sì certo, ci si trova pecorino di ogni tipo e di ogni meandro della Toscana, ma da Baroni esiste anche il Piemonte, la Lombardia, la Sicilia e persino la Francia, i sali declinati di colore e di profumo, il petto d’oca, lo Stilton, i caprini freschi di una signora del senese, il pane a lievitazione eccelsa, aceto (persino quello vero!) e vino, vini, capperi e passione… tanta!
cake di zucca ricotta e pepe di sichuan
Non tutte le ciambelle escono con il buco e, in questo caso, non tutti i cake nascono per essere cake.
Perché se in cucina declinare le ricette è sempre (quasi?) una cosa divertente, a noi ci piace proprio. Così, questa volta, avevamo provato a fare gli gnudi (quelli col cavolo nero) di zucca, ma… non son riusciti molto bene e quindi sono stati trasformati in cake di salvataggio. Che poi, in fondo in fondo, la pasta un po’ morbida all’interno poteva pure ricordarci “lo gnudo” perduto per strada, essendo anche lei un po’ nuda e un po’ tenera.
pesto di cavolo nero
Parlare, ne avevamo parlato, tanto che quasi quasi questa ricetta sembra una sorta di piccola commissione (vero Valina?). Ma il pesto di cavolo nero è stato un classico personale della cucina di Maite negli anni universitari in Toscana, per la filosofia di massima resa (anche volumetrica) e piccolo sforzo, oltre che di ottima conservazione. Un vasetto nel frigo, coperto di olio, ha salvato periodi di poco tempo e di molta fame, di amici a cena all’ultima ora in numeri variati su due cifre. Oggi che si è un po’ cresciute ci piace ancora e non si è smesso di calcolarne dosi per belve universitarie fuori sede.
le recensioni di calycanthus. zeb firenze
Notarlo, lo avevamo notato da un po’, ma la resistenza ad entrare (nonostante l’idea di Zeb fosse in se stessa assolutamente accattivante) aveva a che fare con l’affezione passatista di Maite per il negozio di alimentari che lì stava prima di lui. Certi cambiamenti son duri a digerire, così pur attratti ne abbiamo scartata più volte la soglia e invece… invece poi si è scoperto che i proprietari sono gli stessi, che la cucina di Zeb è un allargamento intelligente della gastronomia che era prima nel negozietto di alimentari, che i prodotti sono come allora ben scelti, che la filosofia Zuppa-e-Bollito (Zeb appunto) non è una moda fredda di importazione. Tutti felici dunque. Maite che ha ricomposto la sua nostalgia, il fotografo che ha ritrovato, oltre ad un brodo di cappelletti da leccarsi i baffetti, una specie di barra de tapas spagnola, e Marie che dice “anch’io, anch’io, voglio venrirci anch’io la prossima volta!
i cantucci di marcella
In partenza, in partenza, siamo in partenza! chiudi valigie, stringi cerniere, ammassa sciarpe, cappelli e i guanti? pure loro! che ancora quest’anno non si erano visti… scarpe per camminare tanto, i libri per il treno, il carnet d’adresses, la moleskine per non perdere niente, due regalini per amici che non vediamo da tanto, il numero di Babette che così finalmente ci conosciamo… ma è inutile qualcosa la dimenticheremo. Anche perché partire per Parigi (e partire insieme, Maite e Marie) non assomiglia a nessun’altra partenza. È, almeno in parte, una specie di ritornare, e così spenderemo una parte del tempo a ripercorrere gli stessi tragitti, a bere lo stesso tè, a magiare ostriche sui tetti delle macchine al Baron Bouge, a sperare con il cuore in gola che all’angolo di Aligre ci sia sempre la stessa vecchina a venedere lattuga, tre mazzi 3 euro.
Ma è anche un viaggio vero a scoprire quello che prima non c’era, perché la città cambia nonostante a noi sembri di essere sempre uguali… dunque Merci (che ci ha consigliato anche barbaraT), Pierre Hermé (che caldeggia enza) e tutta una serie di negozietti minuti dove mai basteranno il tempo e il budget.
Intanto nella fretta della partenza, agguantiamo al volo un pacchettino dei cantucci di Marcella, faranno buona la merenda persino sul TGV del pomeriggio.
il pane del macellaio
Ieri era la giornata mondiale del pane. Abbiamo visto pani bellissimi, quello del convento di Alex, quello alle nocciole della Virgi, quello anticipato ed equo alle spezie di comida, quello anglofono di Enza, quello al ciccolato del cavoletto e un sacco di altre pagnottine, anelli e miracoli di lievitazione.
Noi, bisogna ammetterlo, abbiamo qualche problema con i lieviti… questione di brutte esperienze che a volte segnano (magari più del dovuto…) così in effetti panifichiamo piuttosto poco. Poco anche perché il fotografo di pane non ne mangia, Maite scorda sempre di comprarlo tanto che gli amici più avvertiti vengono a cena portandoselo da casa e Marie è pazza di quello di Lariano e di certi pani di campagna della boulangerie di Aligre, un tantino difficili da replicare. Ma un pane, in ritardo e pure non nostro, volevamo comunque almeno mostrarlo. Un po’ per sentirci un pochino partecipi di un’iniziativa bellissima, un po’ perché di questo pane c’è piaciuto, a tutti (fotografo compreso), non solo il sapore ma pure, tanto, la genesi. Riccardo Stiaccini, il macellaio di Castellina in Chianti ha un negozio che è una meraviglia, pieno di marmi, di carne eccellente e di buone abitudini. Le parti finali di prosciutti, rigatini e altri salumi, quei pezzettini diventati troppo piccoli per essere venduti ma buonissimi (che sarebbe sacrilegio buttare!), vengono conservati e consegnati al panificio che li impasta in corone e ne fa un pane croccante, saporitissimo e pericoloso…
alimenti ritratti. i funghi
Visto che, come è stato detto, al fotografo lo buttano giù dal letto all’alba per via dei Porcini (che, diciamo anche questo, è vero che in questi giorni spuntano come funghi e ne trovano a chili sia Nicolas in toscana che Guglielmo in trentino), almeno ne approfitta per fotografare. Bravo! Giusto! Facile! Bella idea! e invece per niente! Anche per questo ci vuole un piano di guerra, sottrarne qualcuno in fretta, trovare un angolino nascosto, sbrigarsi a mettere a fuoco e nascondere le tracce del misfatto. Che la signora Anna, Marcella e Rosanna hanno già le padelle calde: Funghi Porcini Trifolati, Funghi in Pastella, Zuppa di Funghi, Frittata di Funghi, e perfino Insalata di Porcini e Ovuli Crudi.
crostini di milza alla san donatino
Allora, visto che in Toscana di crostini neri (di milza, di fegato, misti, ecc. ecc.) ne esistono versioni infinite occorre precisare subito che questa è una tra le tante, anzi tra le tantissime. Le variabili in gioco sono molte e si dipanano non solo tra gli ingredienti utilizzati, ma anche nei modi del confezionamento e pure in quelli della somministrazione. C’è chi dentro ci mette il vino santo, c’è chi bagna la fetta di pane sciapo con il brodo, c’è chi solo milza… insomma difficile se non impossibile stabilire un’ortodossia anche perché non solo tra Siena e Firenze, ma pure tra Castellina e Greve corrono distanze incolmabili, per non dire di quelle tra la pentola di una cuoca e quella di un’altra. Ma questa è buona, sperimentata e a suo modo ortodossa. Si fa per la vendemmia ma non solo, anzi si fa un po’ sempre, quando si è in tanti attorno al tavolo e pane e vino buono non mancano…
funghi porcini fritti
Spesso quando è periodo di vendemmia, è anche periodo di funghi… e Così il fratello di Marie e il piccolo Nicolas si svegliano con agilità la mattina alle cinque per cercare i funghi… il povero fotografo è stato buttato giù dal letto, senza bere il cappuccino al bar, prima tra i boschi alla ricerca di miceti commestibili e poi appena il tepore è arrivato diritti in vigna a raccogliere grappoli di san giovese, cabernet e canaiolo… qualcuno dubitava che potesse sopravvivere, eppure… eppure è arrivato a sera, incoraggiato dall’idea di questi funghi appena impanati di farina e fritti. Quando si dice giornate indimenticabili…
pesto di nepitella, noci fresche e pinoli
In vendemmia, ogni vendemmiatore lo sa, uno dei momenti più belli è il pique nique a pranzo… la tanto agognata sosta che si inizia ad aspettare già dal mattino presto. Ci si sceglie un posticino, chi su di un sasso, chi all’ombra, chi spaparanzato tra le foglie, chi comunque indaffarato a disporre, preparare, controllare che tutti abbiamo un piatto e un bicchiere di vino. Questo pesto ci è venuto in mente, proprio alzando gli occhi dal pique nique della vendemmia, perché in questo periodo la nepitella ( vedi dizionario ) cresce un po’ ovunque e sono state raccolte noci fresche giusto giusto in questi giorni. Un pesto fresco con il quale si può condire la pasta (anche fredda) oppure tartinarlo, come abbiamo fatto qui, sul pane toscano.