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La torta quattro quarti al caffè e cardamomo di Marie e di Ottolenghi

Questa volta io non c’entro, nulla o quasi. Non ho avuto l’idea, non ho cucinato, non ho curato lo styling, non ci ho messo le mani, nè sopra nè intorno.

Durante gli ultimi mesi, con l’impegno settimanale della Scuola di Fotografia, abbiamo cucinato moltissimo, sforzandoci ogni martedì di trovare il soggetto, la ricetta, il set giusti per parlare del tema della settimana. Poi ogni mercoledì, abbiamo spacciato cibo a tutto il quartiere… Le girelle, i ravioli capresi, la torta di curcuma e quella di crêpes, e pure le casette di pandispezie per il dolce dell’avvento e i 4 chili di mandarini, tutto ha cercato e trovato casa!

Ma per questa sontuosa torta qui sopra io sono stata solo a guardare, qui da Barcellona.


Ottolenghi l’ha pensata chissà dove, forse a Londra in un giorno piovoso. A Roma Marie l’ha cucinata, Luca l’ha trasportata, il Fotografo l’ha ambientata, illuminata, ma pure tagliata, e fotografata con tutte e due le sue mani inquadrate (!), gli allievi l’hanno studiata e Fabio e Paola l’hanno mangiata.

Quando si dice un gioco di squadra. La ricetta di Marie con le sue note la trovate qui sotto, io penso proprio che sarebbe il giorno giusto per rifarmela.

Durante l’ultimo corso di fotografia di Maurizio, Maria Teresa raccontava di come, quando ci siamo conosciute, guardassimo con grande ammirazione i libri di Donna Hay, ma ci siamo anche dette che alla fine sono ben poche le ricette che poi abbiamo provato. Da qualche anno invece seguiamo le varie pubblicazioni di Yotam Ottolenghi e sono invece moltissime le ricette che prepariamo e questa ricetta è tra queste. Il principio della torta 4/4 è che uova, farina, zucchero e burro siano dello stesso peso. Qui Ottolenghi la declina in modo orientale, con il caffè ed il cardamomo. Nella ricetta originale ci andrebbe anche una glassa al caffè, ma noi abbiamo preferito prepararla senza che così si conserva (e trasportava!) meglio. La torta con la glassa dovrebbe essere consumata in giornata. Abbiamo fatto anche qualche piccola altra modifica alla ricetta di Ottolenghi.

Ingredienti

90 ml di latte, più 20 ml per il caffè
6 uova
300 g di farina
300 g di zucchero
300 g di burro morbido
mezza bustina di lievito in polvere
1 cucchiaino e mezzo di cardamomo appena macinato
1 cucchiaio e mezzo di polvere di caffè solubile
2 cucchiaini di cacao in polvere


Preriscaldare il forno ventilato a 195° gradi. Ungere e infarinare uno stampo. Versare il latte in una ciotola, aggiungere le uova e battere leggermente quanto basta ad amalgamare. Setacciare la farina ed il sale direttamente in una seconda ciotola, aggiungere lo zucchero e mescolare, unire quindi il burro morbido e metà del composto all’uovo continuando a lavorare per un minuto, aggiungere la seconda parte del composto all’uovo solo quando la prima sia perfettamente incorporata. Dividere l’impasto in due ciotole; in una aggiungere il cardamomo in polvere, amalgamando perfettamente.

Scaldate i 20 ml di latte rimanenti e versarli in una ciotola con il caffè ed il cacao, mescolando finché il caffè in polvere non si scioglie ed il composto diventa denso; quindi unire agli ingredienti della seconda ciotola. Versare nello stampo un impasto alla volta, in modo da creare due sovrapposizioni di colori.

Cuocere la torta per 40 – 45 minuti (dipenderà dal vostro forno e dalla misura dello stampo), noi abbiamo usato uno stampo per bundt cake di 22 cm.

La torta dell’Avvento

Avevo giurato a me stessa che quest’anno non sarebbe successo, che dicembre non mi avrebbe presa di sorpresa, affannata e pure un poco scarmigliata a chiedermi ma come? quando è successo!? e giù di corsa a galoppare a più non posso, tra preparativi, valigie, incastri di date e lavori di cucina.

C’è da dire che ho fatto per tempo una lista di biscotti, ho fatto qualche prova e me la sono mangiata ma niente da fare, la sensazione che Natale arrivi un poco a tradimento mi ha pigliato anche quest’anno. Da bambina invece, riesco ancora a ricordarlo, Natale non arrivava mai, novembre si faceva eterno e dicembre era un ticchettio lentissimo che solo il calendario dell’Avvento aiutava a sopportare.
Già il calendario dell’Avvento… io l’ho avuto fino ai trent’anni suonati, da una mamma affettuosissima che ha avuto cura della mia parte bambina e impaziente anche quando discutevo il dottorato e mi arrampicavo su tacchi di 12 centimetri. Sono stata fortunata, mi hanno aiutato ad aspettare.

Oggi invece di aspettare non se ne parla, tutto sembra essersi fatto veloce anche in questo anno molto lento e molto diverso.

Ma una cosa sono riuscita a farla: una torta che inauguri la stagione, una torta per dicembre che arriva lento o veloce non importa, perché è l’ultimo mese dell’anno, perché è l’ultimo mese di questo anno (!). Perché sarà Natale forse più degli altri anni, in cinque o forse in sette seduti a tavola e tutti gli altri lungo fili sottili e resistenti, finché non faremo Natale tutti insieme. Sapremo aspettare.

La torta è ispirata a un celebre dolce di Linda Lomelino, lo trovate qui. Ho preso l’idea delle casette del villaggio di Natale che mi piacevano molto e mi parevano piene di poesia, poi però ho cambiato un poco tutto sia nelle dimensioni che nella ricetta.


La scusa è stata il corso di composizione che concludiamo proprio oggi: è stata la nostra esercitazione sul set nella prima giornata e infatti abbiamo terminato di completare la scena insieme condividendo con due videocamere lo sguardo della macchina fotografica e quello sul set dello studio qui a Barcellona. Ci siamo divertiti parecchio, l’unico rammarico della modalità on line è che non abbiamo potuto mangiarla insieme. Ma lo faremo, appena possibile, promesso.

La ricetta

Per la base della torta
5 uova
250 g di farina
250 g di zucchero
50 ml di caffè della moka
25 ml di olio extravergine di oliva
8 g di lievito
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
1 pizzico di sale
Nota: per una teglia di circa 18 cm di diametro

per la farcia:
250 g di mascarpone
400 g di panna da montare
1 cucchiaino di zenzero in polvere
1 cucchiaio di zucchero a velo

per i biscotti di pan di spezie:
è la ricetta tratta del nostro libro sui Caldendari dell’Avvento a cui abbiamo aggiunto un poco di cacao in polvere per averi più scuri
320 g di farina
140 g di zucchero di canna
100 g di burro morbido
2 uova
1 cucchiaio di cacao amaro in polvere
1 cucchiaio di cannella in polvere
1 cucchiaio di zenzero in polvere
1 cucchiaino di chiodi di garofano in polvere
1 cucchiaino di cardamomo in polvere
un pizzico di pepe bianco
1 pizzico di sale
un pizzico di bicarbonato

per la glassa:
1 albume
qualche goccia di succo di limone
150 g circa di zucchero a velo

Preparate i biscotti. Mescolate la farina, il sale, il bicarbonato e le spezie, unite il burro morbido a dadini, lo zucchero e quindi le uova, lavorate fino ad ottenere un composto omogeneo, quindi avvolgetelo nella pellicola alimentare e conservate in frigorifero per 2 ore.
Stendete con il mattarello l’impasto sul piano leggermente infarinato, ritagliate le forme e cuocete in forno ventilato a 160°C per circa 15 minuti, verificate a seconda della dimensione e dello spessore dei vostri biscotti. Una volta sfornati lasciateli raffreddare completamente, anche per tutta la notte. Montate leggermente l’albume con il limone, appena inizia a schiumare incorporate poco alla volta lo zucchero a velo, senza smettere di montare. Verificate la consistenza e quando la glassa disegna dei ciuffi stabili sulle fruste fermatevi. Versate il composto in un sac à poche con la bocchetta liscia strettissima e decorate i biscotti. Lasciateli seccare tutta la notte in un luogo asciutto.

Preparate la base della torta. Montare le chiare con il sale, quando incominciano a montare incorporare la metà dello zucchero e continuare a montare fino ad avere una neve ferma.
A parte battere i tuorli con il resto dello zucchero e i liquidi (freddi!), una volta ben omogeneo aggiungere al composto la farina setacciata con il lievito. Mescolare perfettamente e incorporare con delicatezza gli albumi montati. Versare nello stampo a cerniera imburrato benissimo, battere leggermente e cuocere a forno basso 160-170°c per circa 50 minuti/1 ora.
Una volta sformata rovesciatela su di una griglia in modo che raffreddandosi appiattisca la gobba centrale, se così non fosse potete sempre tagliarla per livellarla. Lasciatela raffreddare completamente quindi con delicatezza dividetela in quattro strati, tagliando prima la metà e poi le metà delle due metà.

Montate la panna fredda, aggiungete lo zuchero a velo e lo zenzero in polvere, quindi con delicatezza incorporate anche il mascarpone. Sistemate il primo disco sulla base dell’alzatina o del piatto in cui servirete la torta, farcite con 2-3 cucchiai di farcia, livellate e sistemateci sopra il secondo disco, procedete così fino all’ultimo piano. Distribuite un poco di farcia anche sul bordo della torta e con l’aiuto di un coltello a lama larga o di una spatola livellatelo in modo uniforme. Sulla cima della torta sistemate la farcia per pennellate di spatola, come fossero cumoli di neve. Sistemate le casette sui bordi del dolce, quindicollocate quelle sulla cima aiutandovi con degli stecchini di legno che reggeranno meglio le casette. Spolverate di zuccheo a velo e fatevi un applauso.





Churros

Son giorni complicati, per noi come per tutti. Siamo in casa da quasi una settimana in quarantena scolastica, stiamo bene ma ci annoiamo un poco. Corriamo sul terrazzo facendo più baccano dei gabbiani, cerchiamo di sopravvivevere alle lezioni a distanza con una classe di settenni e una maestra che riesce a fare giochi di prestigio e ci concediamo molte cose.

Churros ad esempio. Che di solito compriamo nelle churrerie del quartiere (bugigattoli piastrellati di bianco da cui escono meraviglie, tutte fritte!) oppure nelle granjas, caffetterie speciali che sono qualcosa di simile alle latterie di una volta, dove si comprano latte, formaggi e una panna strepitosa che, se ti siedi al tavolino, ti servono in cima a una tazza fumante di cioccolata calda in cui intingere loro, i churros!

Ma noi non possiamo uscire e anche se potessimo uscire i bar e i ristoranti sono chiusi a Barcellona da un mese. Così ci siamo attrezzati e spesso li facciamo a casa, questa settimana di più.

Non dico che risolvano tutta la nostra giornata, ma danno una mano.

La ricetta

é tratta dal nostro libro dedicato alle merende a Barcellona, lo trovate qui: https://www.guidotommasi.it/guido-tommasi-editore/catalogo/una-merenda-a-barcellona

350 g di farina di forza
500 ml di acqua
8 g di sale
50 ml di olio extravergine di oliva
olio di arachidi per friggere
zucchero semolato

Fate bollire l’acqua con il sale e l’olio, versate tutta insieme la farina e mescolate velocemente con un cucchiaio per impedire la formazione di grumi, abbiate cura di far asciugare bene il composto. Otterrete una pasta liscia e consistente, fatela intiepidire e poi lavoratela velocemente con le mani sul piano di lavoro per darle corpo. Raccoglietela in una tasca da pasticcere e spremete con la bocchetta dentata e larga dei bastoncini di 10–15 cm, friggeteli in abbondante olio di semi caldissimo, spolverate con lo zucchero e servite subito!

Della ricetta dei churros esistono duemila versioni, sia in Spagna che in tutto il Sud America. Questa è la versione di base, senza uova, rustica ma irresistibile come si addice al cibo di strada.
Se usate una tasca da pasticcere di quelle leggere (usa e getta) probabilmente l’impasto sarà troppo duro per poterlo siringare bene; con un po’ di pazienza potete ottenere i churros spremendo direttamente l’impasto con le mani attraverso una bocchetta grande (ci vuole un po’ di pratica ma non è difficile), oppure potete comprarvi lo strumento specifico (la churrera) che assomiglia molto a una siringa da biscotti.

Girelle di crema e uvetta

Guardo a questa foto (che abbiamo usato come “copertina” del corso di novembre di luce artificiale che si è concluso ieri), e penso che mi porta diretta diretta a Santa Lucia. Un poco per le girelle, che somigliano ai Lussekatter svedesi con le code arrotolate tipiche del 13 dicembre, un poco per i fiammiferi. Insomma questioni di dolci nordici e di luce che scende. In una parola inverno.

Per la verità qui a Barcellona continuiamo con un veranillo (un’estate di San Martino?) soleggiata e caldissima (22 gradi ieri…) che ci piglia un poco in giro visto che siamo reclusi in casa, in una quarantena scolastica. Ma l’importante è crederci e quest’anno stiamo saltelando tra le date e le feste del calendario un poco a piacimento: un giorno è Natale e quello dopo prendiamo il sole in terrazza.

Tutto un tantino schizofrenico, ma ci prendiamo il lato buono, ovvero l’anarchia di fare il tempo che ci piace almeno dentro casa!

Per l’impasto delle girelle ho usato l’impasto del pull-apart-cinnamon-bread di Linda Lomellino (versione con lievito), ricetta qui: https://lacucinadicalycanthus.com/?p=12552

per la crema pasticcera nella versione di Sara, ricetta qui:
https://lacucinadicalycanthus.com/?p=12777

Una volta completata la lievitazione dell’impasto l’ho steso esattamente come per il pull-apart-cinnamon-bread poi l’ho spalmato di crema pasticcera, ho aggiunto un pugno grande di uvetta ed ho arrotolato formando un salsiccione. Poi con un coltello a lama larga ho tagliato fette di circa 2 cm di larghezza, le ho sistemate sulla teglia ed ho lasciato lievitare al riparo fino al raddoppio. Poi infornato a 180°C per circa 30 minuti.

Lemon meltaways

Quest’anno ho giurato che a Natale ci arrivo preparata, di tempo mi pare di averne più di quanto ne desidero e dunque non farò come sempre.

Non succederà che mi giro ed è già dicembre avanzato, che io non ho fatto nulla e corro, annaspo e rimando all’anno che viene. Quest’anno farò biscotti come se piovesse, per chiunque mi capiti a tiro, a costo di tirarli dal balcone.

Inizio dunque con le prove dei nuovi candidati (su quelli già testati credo di avere già le idee quasi chiare) e aspetto naturalmente suggerimenti.

La ricetta

300 g di farina
200 g di burro
120 g di zucchero a velo
20 g di amido di mais
la scorza di due limoni non trattati
3 cucchiai di succo di limone
un pizzico di sale

Montare il burro con lo zucchero a velo finché non è molto cremoso e gonfio, unire il succo di limone, la scorza e il sale quindi la farina setacciata assieme all’amido. Lavorare velocemente e formare una palla, avvolgerla e conservare in frigo per almeno 30 minuti. Stendere l’impasto tra due fogli di carta da forno e ricavare i biscotti. (In alternativa formare un salsicciotto con l’impasto appena pronto, avvolgerlo nella pellicola e conservare in frigo, quindi tagliare i dischi). Cuocere in forno già caldo a 180°C per circa 10/15 minuti. Non devono colorarsi troppo.

Nota: mi sono piaciuti molto, più il giorno dopo che il giorno stesso. Caldi e tiepidi avevano qualcosa di sabbioso, ma il giorno dopo erano sublimi. Abbondate con il limone e per quanto mi riguarda fate a meno della galssa e del passaggio nello zucchero a velo.

La crostata alla crema perfetta di Sara

Abbiamo conosciuto Sara d’estate qui a Barcellona. Una di quelle cose belle che ogni tanto succedono nella rete e dalla rete escono, diventano fisiche e molto reali.

Era la fine di giugno, faceva caldo, nulla sapevamo di mascherine, distanze, precauzioni e confinamenti. Si viaggiava facilmente, si usciva a cena, e in pasticceria c’era solo il profumo incredibile dei croissants, senza code alla porta, senza gel disinfettante. Un’altra vita a guardarla da qui.

Abbiamo pranzato insieme nel nostro mercato, al Bar Joan dove, un poco come al Maigret di Simmenon a cui conservano il tovagliolo, sanno sempre quel che ci piace, quello di cui abbiamo bisogno. Abbiamo condiviso indirizzi, abbiamo fatto da guida e alla fine ci siamo ritrovati tutti insieme sul terrazzo di casa per la festa del mio compleanno, già un poco clandestina, ma solo per colpa dei vicini brontoloni.

Insomma un piccolo colpo di fulmine, così come Sara ha scritto nei calorosi ringraziamenti che ci ha dedicato nel suo libro, uscito da poco anzi da pochissimo.

Sara ha una bella storia un poco romantica, un sorriso aperto, una bimba poco più piccola di Anna, gonne svolazzanti e un compagno con cui gioca anche a pingpong e che lo vedi da come la guarda il bene che le vuole.

Ora che siamo tutti un poco distanti, ancora per un poco, tutti questi ricordi sono più preziosi e ci aiutano a immaginare la forza con cui torneremo a codividere e ad abbracciarci, così come è stato in quella sera d’estate sul nostro terrazzo qui a Barcellona.
Mentre aspettiamo ci sono cose che non smettono di viaggiare, i libri e la cucina ad esempio

La ricetta è di Sara, tratta dal suo libro Dolci senza bilancia in cui è proposta in due diverse versioni (morbida e croccante): noi abbiamo scelto quella morbida e aggiunto le mele. Nel libro le indicazioni delle quantità sono in doppia modalità (con e senza bilancia) per non avere nessuna scusa per non preparare un dolce…

La ricetta

Per la frolla:
100 g di burro freddo
4 cucchiai di zucchero a velo (60 g)
1 +1/2 bicchiere di farina (150 g)
1 tuorlo
1 cucchiaio raso di acqua fredda
1/2 cucchiaino di sale

Per la crema:
1 bicchiere + 5 cucchiai di latte (250 g)
2 tuorli
1/2 bicchiere di zucchero (85 g)
2 cucchiai rasi di farina (20 g
1/2 cucchiaino di sale
1/2 bacca di vaniglia o scorza di limone

Taglia il burro a cubetti e versalo in un robot da cucina o nella planetaria assieme allo zucchero a velo (per una frolla più croccante usa quello semolato). Mescola bene a massima velocità alta fino ad ottenere una crema (se si fa con le mani attenzione a non scaldare troppo l’impasto). Unisci il tuorlo, la farina e l’acqua e lavora in modalità pulse finché gli ingredienti non legheranno tra loro. Il composto non deve risultare compatto ma un po’ sbriciolato.
Rimuovilo dal robot e compattalo tra le mani formando un panetto. Posizionalo tra due fogli di carta da forno e stendeli con il mattarello. Lascialo freddare così in frigorifero per 30 minuti.

Preparare la crema.
In un pentolino scalda a fiamma moderata il latte con i semi della vaniglia, incluso il bacello svuotato (oppure con la buccia grattugiata del limone o dell’arancia). Copri il pentolino con della pellicola trasparente, così da trattenere l’umidità senza che evapori. Porta a bollore e rimuovi dal fuoco.
Nel mentre in una ciotola mescola zucchero e tuorli, evitando di lasciarli a contatto fra di loro senza prima mescolarli. Aggiungi il sale e la farina setacciata. Mescola energicamente con una frusta a mano.
Versa piano 1/2 del latte caldo all’interno dela ciotola, mescolando con la frusta continuamente. Una volta ottenuto un composto liscio, rovescialo nel pentolino con ilrestante latte senza rimuovere il bacello e riaccendi il fuoco a fiamma moderata. Dovrai girare finché la consistenza della crema non comincerà a diventare più densa. Di tanto in tanto fermati per vedere se in superficie appaiono delle bollicine: appena le vedrai spegni il fuoco e travasa subito la crema in una ciotola pulita. Adesso è importante continuare a mescolare con la frusta: così diventerà più lucida.
Conservare la crema conservandola con pelicola trasparente a contatto, sempre con il bacello all’interno per conferire più profumo.

Rivesti uno stampo da crostata. Prendi la crema ed emulsionala per qualche secondo con una frusta a mano. Poi usala per farcire la crostata e impiega le rimanenze dell’impasto per decorare il dolce con delle striscioline. Riponi in frigorifero per 30 minuti poi inforna a 170°C in forno preriscaldato con modalità ventilato per 35-40 minuti.

Nota: nella nostra versione in cui abbiamo utilizzato esattamente queste dosi (e non i multipli come indicato da Sara) abbiamo scelto una forma piccola (circa 20 cm di diametro) e abbiamo sistemato sopra alla crema fettine sottilissime di mela irrorate di succo di limone)

I pasteis de nata di Marie

Marie è l’anima dolce, francese e rossa di questa cucina. Ci manchiamo molto di questi tempi, anche se evitiamo di dircelo perché se no ci mancheremmo ancora di più.

La nostra amicizia è cominciata in cucina molti anni fa. Una cucina piccola piccola, come solo a Parigi possono essere, ma tutta aperta agli amici e al salone sotto le travi. C’erano due sgabelli (o forse tre) per chiacchierare una di qua e l’altra di là, poi un grande divano di pelle ed uno di legno. Una luce che se sapessi disegnare potrei ricostruire perfettamente, così come perfettamente ri(sento) tra le labbra i bordi delle sue tazzine da caffè, marroni scure, comprate da Habitat.

Oggi ci sentiamo tutti i giorni, via messaggi, via telefono, via computer, ogni tanto facciamo persino yoga collegate in video a cavallo tra Roma e Barcellona. Ma mi manca averla qui e mi manca essere lì. Mi manca cucinare imprese impossibili.

Per fortuna che il nostro laconico Fotografo fa un poco la spola tra qui e lì, e qualche volta, un poco di contrabbando, riusciamo a infilargli in tasca promemoria di presenze. Questi pasteis de nata usciti dalle manine di Marie a Roma, sono state la nostra colazione qualche mattina fa qui a Barcellona.

Ingredienti

500 ml latte intero
300 g zucchero
150 g acqua
60 g di farina
1 stecca di cannella
scorza di limone
7 tuorli

pasta sfoglia
(nel caso di Marie fatta home made, ma questo è un altro post…)

Raccogliere in un pentolino lo zucchero e l’acqua, mescolare bene quindi mettere sul fuoco senza più mescolare. Far bollire per cinque minuti e lasciare da parte lo sciroppo.
In una ciotola raccogliere la farina, aggiungere un goccio di latte e amalgamare bene, scongiurando i grumi. Conservare il pastello da parte. Nel frattempo portare a bollore il latte con la cannella e la scorza di limone. Aggiungere un poco di latte bollente nel pastello. Poi unire i due composti e riportare sul fuoco, far cuocere per qualche minuto.
Togliere la crema dal fuoco, aggiungere lo sciroppo e mescolare. Far riposare per una decina di minuti.

Accendere il forno a 250°C.
Aggiungere un poco di crema di latte ai tuorli, stemperare bene e poi aggiungere al composto. Infine filtrare la crema.

Mettere la pasta sfoglia nelle forcine, precedentemente imburrate, farcire con la crema e cuocere in forno per circa 15 minuti. Il tempo di cottura dipenderà dal vostro forno.

Nota: Il passaggio importante è proprio quello di “foderare” gli stampi, procedete così. Arrotolate la pasta sfoglia su se stessa formando un rotolino stretto, tagliate a fette regolari e piuttosto sottili il rotolo e quindi appiattite ogni fetta a formare un dischetto che sistemerete nello stampo.

Ciambellone al melograno

Quand l’ho conosciuto il Fotografo aveva un bellissimo albero di melograno nel giardino della sua casa a Roma. Era un alberello testardo e molto indipendente, che era cresciuto nonostante le poche cure e la distarzione del Fotografo.
Poi certi muratori maneschi e altre piaghe assortite hanno auto la meglio su quell’albero cocciuto. Ma a me capita spesso di pensare a lui, soprattutto in questa che ricomincia ad essere la sua stagione.

Un albero di melograno mi sembra una grande fortuna, con quel colore che da solo è una festa.

Se avete la sorte di averne uno accanto sentitetvi fortunati, se invece come noi i melograni li comprate, festeggiteli ugualmente. Se lo meritano.

La ricetta


5 uova
250 g di farina
250 g di zucchero
50 ml di succo di melograno
25 ml di olio extravergine di oliva
8 g di lievito
1 pizzico di sale

+ il succo per bagnare
(in genere con due melograni maturi e grossi se ne ha più che abbastanza per l’impasto e per la bagna)

Montare le chiare con il sale, quando incominciano a montare incorporare la metà dello zucchero e continuare a montare fino ad avere una neve ferma.
A parte battere i tuorli con il resto dello zucchero e i liquidi (freddi!), una volta ben omogeneo aggiungere al composto la farina setacciata con il lievito. Mescolare perfettamente e incorporare con delicatezza gli albumi montati. Versare in uno stampo da ciambellone ben imburrato, battere leggermente per eliminare le bolle di aria e cuocere a forno basso 160-170°c per circa 50 minuti/1 ora.
Sformate il ciambellone e quando sarà tiepido bagnatelo con il succo di un altro melograno.

crema catalana

Qui a Barcellona la crema catalana è ovviamente solo crema, o al massimo crema cremada, come è ovvio che sia. Non le servono aggettivi, nè soprattutto patronimici, se non quello di Sant Joseph che è l’altro nome con la quale è conosciuta.


In questi anni ne abbiamo provate parecchie a dimostrazione del fatto che la crema è una gloria della cucina tradizionale catalana, in casa e fuori, e non soltanto un souvenir per turisti distratti a cavallo tra las Ramblas e la Sagrada Familia. Anche le ricette, come è giusto che sia, sono molte, con grandi e piccole variazioni soprattutto in tema di dolcezza e di uova.

Ma la sostanza resta ancorata a due capisaldi, facilmente travisati dalle molte versioni di crema catalana che si trovano all’estero: la consistenza e la bruciatura.

La crema (catalana) non è un budino e nemmeno una pasticcera, se proprio la dobbiamo paragonare a qualcosa è vicina a la crème anglaise, quella che per carità non deve bollire. Dunque tenetela morbida, quasi liquida: dal cucchiaino deve voluttuosamente scivolare non in pezzi ma in “colatura”.

La crostina di zucchero bruciato sulla superficie della crema è il banco di prova di tutta la questione. Deve rompersi al centro con un rumore di vetro in frantumi: non uno stratino timido di caramello semiliquido ma una vetrata modernista!
I consigli per riuscirci sono:
1. abbondare con lo zucchero (inutile andarci piano)
2. caramellare solo all’ultimo minuto (senza mai passare per il frigorifero!)
3. usare un cannello professionale, ma ancora meglio l’attrezzo specifico che va reso incandescente, quindi potete (anzi dovete!) dimenticarvelo sul fuoco

Per il resto la ricetta è semplicissima: noi facciamo affidamento su quella “certificata” nel Corpus de la cuina catalana.

1 litro di latte
8 tuorli
200 g di zucchero
40 g di amido
1 stecca di cannella
la pelle di un limone non trattato

Portare a bollore il latte con la cannella e la scorza di limone (che eliminerete al momento di aggiungere il latte agli altri ingredienti).
In una terrina mescolare i tuorli con lo zucchero; aggiungere il latte (meno mezzo bicchiere) e amalgamare perfettamente. Stemperare l’amido nel latte rimanente e aggiungere al composto. Mettere sul fuoco (dolce!), mescolando continuamente fino alle prime bollicine. Spegnere immediatamente. Versare la crema in piatti o formine e lasciar raffreddare. Appena prima di servire cospargere di zucchero (abbondante), bruciare e servire.

Decadent pavlova

Ci si innamora facile della pavlova, candida e voluttuosa, troneggia su Instagram per non parlare di Pinterest.

Noi che qui abbiamo un rapporto complesso con la meringa e le sue textures ci abbiamo litigato per anni. Ma dopo aver visto l’interpretazione fatata di Stella Andronikou (se non la conoscete, conoscetela subito perché vale la pena! @stellaand) ci siamo decisi a farne l’ultimo dolce dell’estate a Barcellona.

A dirla tutta era anche questione di conti da massaie, c’è da svuotare il frigo e dunque 4 albumi avanzati di una crema di cui ri-parleremo chiamavano meringa. Poi però sono iniziate le questioni perché, diciamocelo, quanto è dolce e stucchevole la meringa! Dunque ci abbiamo messo la panna d’ordinanza per carità, ma mescolata allo yogurt che almeno gli dà un tono un poco acido e una salsina semplicissima di pesche frullate.

Confezionando le roselline di pesca poi, abbiamo scoperto che non è così semplice come sembrerebbe ma alla fine vuoi mettere?

La ricetta

4 albumi (a temperatura ambiente)
220 g di zucchero semolato
1 cucchiaino di aceto
1 cucchiaino di maizena
200 g di yogurt greco
100 g di panna fresca
4 pesche (dure)
1 cucchiaio di miele di castagno (facoltativo)

Iniziate a montare gli albumi, appena prendono corpo incorporate lo zucchero poco alla volta e montate alla massima velocità. Quando la frusta forma il picco e l’albume è triplicato di volume provate a rovesciare la ciotola, se non cade nulla la meringa è pronta. Incorporate l’aceto mescolando dal basso verso l’alto e quindi la maizenza setacciata, sempre muovendo dal basso verso l’alto.
Su di una teglia foderata rovesciate la meringa e formate un tondo (se volete essere precisi tracciate la circonferenza su di un foglio di carta da forno, rovesciate il foglio e quindi seguite la traccia), livellate i bordi, appiattite il centro formando una sorta di avvallamento e quindi decorate i bordi come più vi piace (non serve essere troppo regolari, la pavlova è bella scapigliata!).
Infornate in forno bassissimo 60-70°C per un tempo variabile (nel nostro forno circa 4 ore, ma pure di più… e lasciare raffreddare nel forno spento)

Al momento di farcire sistemare la pavlova sul piatto di servizio. Con l’aiuto di un pelapatate ricavate delle striscette regolari di pesca e arrotolatele per formare delle roselline, bagnate con un poco di succo di limone per evitare che si possano ossidare. Mescolare la panna montata con lo yogurt e frullute il resto delle pesche.
Sul centro disponete la salsa di pesche, poi la panna montata e decorate con le roselline.

La torta profiteroles

Una legge non scritta recita che nessuno dovrebbe prepararsi da solo la torta di compleanno. Per me questo ha significato che negli anni, oltre alla mia mamma, sia stata Marie ad accollarsi il compito, e sono stata molto, ma molto fortunata.

Quest’anno però tutto è stato un poco diverso, anomalo, sbandato e non serve ricordarsi ancora una volta il perché. E mentre in chiamata skype cercavamo di visualizzare, un piano, un progetto, insomma una torta, Marie mi chiedeva: sì, ma che dolce ti piace davvero? di cosa hai voglia?

Profiteroles, neri, lucidi e farciti di panna. Una cosa da bambini, regressiva e capace di impastricciarti la bocca.

Però siccome non si può rinunciare a una torta da tagliare, il giorno del proprio compleanno, ci ho messo sotto una cosa un poco a collage, che a guardare bene scimmiotta un tiramisù con i savoiardi comprati però, che ancora non ho trovato una ricetta che mi soddisfi ed una base a cui ormai non rinuncio, almeno finché qualcuno non mi convinca che ce n’è una meglio…

Sotto trovate la ricetta in dettaglio, step by step e, se proprio siete curiosi, su tik tok (!!) potete trovare il back stage e il crollo della torre di bignè…

La ricetta (per step)

Per i bignè:
250 g di acqua
150 g di farina
100 di burro
4 uova
1 pizzico di sale

Per la farcitura
300 ml di panna fresca
1 cucchiaio di zucchero a velo (qui usiamo il minimo sindacale, ma potete essere più dolci…)

Per la glassa:
300 g di cioccolato 70%
100 g di panna fresca
1 noce di burro

Per la base della torta:
5 uova
250 g di farina
250 g di zucchero
50 ml di caffè della moka
25 ml di olio extravergine di oliva
8 g di lievito
1 pizzico di sale
Nota: per una teglia di circa 22 cm di diametro

Per la farcia:
250 g di mascarpone
250 g di ricotta
2 cucchiai di zucchero a velo

+ 4 cucchiai di crema di nocciole spalmabile (per noi Venchi)

Il giorno prima:

Preparate i bignè.
Mettere a bollire l’acqua con il burro e il pizzico di sale, quindi versare la farina tutta insieme, abbassare al minimo la fiamma e mescolare energicamente. Quando il composto inizia a staccarsi dalle pareti mescolare ancora per un paio di minuti per far cuocere la farina, quindi spegnere e lasciare raffreddare. Appena l’impasto sarà tiepido aggiungere un uovo alla volta, la pasta deve risultare liscia e omogenea. Con il sac à poche, o con due cucchiaini, disponete poca pasta alla volta in mucchietti circolari sulla placca del forno foderata di carta da forno, quindi cuocete in forno già caldo a 180°C per 20-25 minuti, finché i bignè si saranno gonfiati e ben dorati. Togliete dal forno e fate raffreddare completamente prima di manipolare.
Conservateli in scatole di latta, o altrimenti direttamente nel forno spento.

Preparate la base della torta.
Montare le chiare con il sale, quando incominciano a montare incorporare la metà dello zucchero e continuare a montare fino ad avere una neve ferma.
A parte battere i tuorli con il resto dello zucchero e i liquidi (freddi!), una volta ben omogeneo aggiungere al composto la farina setacciata con il lievito. Mescolare perfettamente e incorporare con delicatezza gli albumi montati. Versare nello stampo a cerniera imburrato benissimo, battere leggermente e cuocere a forno basso 160-170°c per circa 50 minuti/1 ora.
Una volta sformata rovesciatela su di una griglia in modo che raffreddandosi appiattisca la gobba centrale, se così non fosse potete sempre tagliarla per livellarla.

Il giorno x:

Preparate la farcitura della torta: montate con le fruste il mascarpone con la ricotta e lo zucchero a velo, se volte potete aggiungere in una parte del composto un cucchiaino di caffe solubile.

Con pazienza tagliate la torta in tre sezioni orizzontali, in modo da ottenere tre dischi. Disponete la base sul piatto in cui la servirete, spalmate con due cucchiai di crema di nocciole e quindi con la farcia. Spalmate uno dei lati del secondo disco con la crema di nocciola e sovrapponetelo al primo (lasciando il lato con la crema sopra), disponete altra farcia e completate con il terzo disco. Spalmate con la farcia rimanente la parte superiore e i lati della torta. Sui lati sistemate dei biscotti tipo savoiardi, legate con un laccetto e conservate in frigorifero.

Poche ore prima di servire la torta riempite i bignè con la panna e sistemateli a piramide sopra la torta. Preparate la ganache di cioccolato: tagliate a pezzetti piccoli e regolari il cioccolato e versatelo nella panna bollente, spegnete, mescolate con vigore e aggiungete il burro. Lasciate intiepidire e versatela sopra i bignè con attenzione (sono possibili crolli!).

Una torta di ostie

Dietro casa, sulla via Layetana c’è un negozio afro-latino. Una specie di piccolo supermercato in cui vado in pellegrinaggio fin da quando cominciavo ad esplorare il quartiere, nella rotta stretta tra casa e scuola.

Non ci ho mai comprato molto, in compenso ho studiato tutto. Tamarindo, herba mate, yucca, peperoncini secchi di ogni forma, fagioli, patate e scatole gigantesche di latte condensato. Poi l’altro giorno mentre pagavo una scatola di fagioli neri messicani per un lavoro che stiamo cucinando in queste settimane, ho avvistato un pacchetto di ostie giganti.

Detta così suona male, anche se forse si adegua bene allo spirito di questi ultimi mesi. Ma in realtà quelle cialde giganti, sottissime e pure decorate mi son sembrate irresistibili. Così le ho portate a casa.Per qualche giorno Anna ed io ci abbiamo fatto colazione, spalmandole di un filo più o meno sottile di marmellata di fragole o di albicocche. Ma ci pensavo e ci ripensavo ed alla fine è venuta fuori lei, la torta di ostie, effimera e bellissima.

La ricetta

L’idea è facilissima, procuratevi delle cialde sottili (in Italia in molte regioni sono dolci tradizionali) spalmatele di un velo sottile di marmellata a piacere ma non troppo dolce, al centro esatto sistemate un ciuffo di crema diplomatica poi la frutta che volete in pezzetti regolari e lungo i bordi crema diplomatica a ciuffetti. Procedete così fino all’altezza desiderate e decorate a piacere.

Si va bene, ma le dosi?

Per la crema:
3 tuorli
100 g di zucchero
500 ml di latte
40 g di frumina o di maizena
la scorza di un limone non trattato

+ 200 ml di panna liquida fresca
(se volete aggiungete lo zucchero a velo come recita la ricetta della Chantilly, ma per è troppo dolce):

Preparate la crema pasticcera. Portate a bollore il latte con la scorza di limone, quindi spegnete. Battete i tuorli con lo zucchero finché diventano gonfi e chiari, aggiungete la maizena (o la frumina) e incorporate scongiurando i grumi, versate quindi il latte caldo setaccaindolo attraverso un colini stretto e mescolate perfettamente. Riportate la crema sul fuoco e fate addensare fino al primo bollore, facendo attenzione a mescolare bene al centro e ai bordi per scongiurare che la crema bruci. Versate subito la crema in una teglia di metallo larga per farla raffreddare velocemente e copritela a contatto con pellicola alimentare (così non si formerà la pellicina dura).
Quando la crema sarà perfettamente fredda unite la panna ben montata un cucchiaio alla volta, con delicatezza e con movimenti dal basso verso l’altro per evitare che si smonti.

Procedete quindi come descritto per montare la torta tenendo però conto che:
1. è importante non mettere la crema troppo vicino ai bordi, perché se no, come è successo a me, tenderà a cadere.
2. la cialda si impregna, ma a differenza di quel che pensavo il risultato non è disastroso dopo poche ore. Anzi. La torta si va assestando.
3. siamo riusciti a porzionarla decorosamente tagliando con un coltello affilato a seghetto. L’abbiamo mangiata con molta soddisfazione anche il giorno dopo a colazione, ancora in un assetto del tutto accettabile.
4. Noi replicheremo. Sicuro.

La crostata di compleanno di Paola

Giugno inaugura per noi la stagione dei compleanni, da sempre e per sempre. Iniziamo alla fine del mese a dire le cose come sono, ma già a scrivere giugno nella data distesa (come la chiama Anna) pare di dover andare a pescare le candeline con un misto di nervosismo e di fiducia.

Quest’anno poi abbiamo iniziato prima, perché giovedì è stato il compleanno di un’amica speciale che festeggiava un compleanno spciale, proprio qui, al confine della piazza.

Ma siccome siamo ancora in una qualche fase del confinamento (o dello sconfinamento o dello sfinimento?!) ci siamo attrezzate con tavolino, bottiglia di cava, in tre ragazze e due bambine. Tutto all’aperto, proprio sulla Baixada tra il negozio di Claudia e la casa di Paola. Una cosa molto da vicini che sono stati lontani e che si ritrovano con tutte le cautele.

Poi nel fine settimana, siccome era avanzata un poco di frolla Anna ha pensato che voleva una torta di non compleanno e se l’è fatta in versione bianca, senza sentire questioni sulla decorazione, perché “mamma ognuno ha i suoi gusti!”.. e i suoi sono chiarissimi.

La ricetta

Per la frolla:
300 g di farina 00
100 di burro freddo a dadini
100 di zucchero a velo
1 uovo e 2 tuorli

per la ganache:
200 g di cioccolato fondente 70% per Paola (e bianco per Anna)
200 ml di panna da montare
20 g di burro

frutta a piacere per decorare
fiori edibili opzionali (i nostri di begonia)

Setacciare la farina assieme allo zucchero a velo, quindi lavorare velocemente con il burro fino ad ottenere un composto sabbioso. Incorporare l’uovo e i tuorli e lavorare il minimo per ottenere un composto omogeneo. Avvolgere nella pellicola e conservare in frigo per almeno 1 ora.
Trascorso il tempo stendere l’impasto tra due fogli di carta da forno e foderare una teglia da crostata grande o due piccole (di circa 20 cm di diametro). Bucherellare con i rembi di una forchetta e conservare in frigorifero per 2 ore almeno. Cuocere in bianco (foderando il guscio di pasta frolla con carta da forno e coprendo con biglie o legumi secchi) per circa 15 munuti a 180°C, togliere i pesi e la carta e far asciugare qualche minuto ancora a 160°C.
lasciare raffreddare.
Preparare la ganache. Tagliate il ioccolato in pezzetti piccoli e regolari. IN un pentolino scaldate la panna senza arrivare al bollore, spegnere e aggiungere il cioccolato mescolando finché non sia del tutto sciolto e incorporato. Aggiungere il burro che darà lucentezza alla ganache. lasciar intiepidire quindi farcire il guscio di pasta frolla. Conservare in frigorifero per un paio d’ore, quindi decorare con la frutta.


Pull-apart cinnamon bread alle nocciole (con licoli)

Il nome è una cosa impossibile, ma da quando l’ho adocchiato sul libro di Linda Lomellino non me lo levavo dalla testa. L’occasione non veniva mai, poi c’è voluta la pandemia per capire che una ragione non serve, o meglio che una la si trova sempre.

Per metterla in cantiere, a parte una piccola dose di coraggio iniziale, c’è voluto un certo incrocio di ricette e di aggiustamenti, per cui alla fine la nostra ricetta non somiglia molto alla sua. La pasta è quella della torta delle rose del Sant Jordi di quest’anno, ma al posto del lievito di birra abbiamo usato licoli, cosa che ha comportato la consultazione di duemila tabelle in cui i numeri sembravano uscire a caso. Alla fine abbiamo fatto una media, ragionato per intuito e sembra che la cosa sia uscita bene.

La ricetta
per la pasta
120 g di licoli (oppure 3 g di lievito secco)
440 g di farina Manitoba (500 se usate lievito secco)
60 g di latte o di acqua (120 se usate lievito secco)
50 g di zucchero
40 g di burro morbido a pezzettini
3 uova
1 cucchiaio di grappa

per la farcitura
100 g di burro
90 g di panela
1 cucchiaio di cannella in polvere
40 g di nocciole tritate (o anche noci)

Setacciate la farina e sistematela nella ciotola della planetaria. In un’altra ciotola stemperate il licoli con l’acqua e aggiungete un cucchiaio di zucchero prelevato dai 50 g previsti per l’impasto (se lavorate con il lievito di birra meglio usare il latte: intiepiditelo ma senza che scotti, stemperateci il cucchiaio di zucchero e quindi li lievito secco).
Nella ciotola della planetaria mescolate la farina con lo zucchero rimanente, aggiungete la grappa e quindi il lievito. Lavorate a bassa velocità finché il composto non sarà omogeneo, quindi aggiungete un uovo alla volta lasciandolo incorporare bene. Quando l’impasto comincia a incordarsi aggiungete il burro morbido a pezzetti in tre volte, aspettando che sia perfettamente legato all’impasto. Aumentare la velocità e lavorare per circa 10 minuti. Corpire l’impasto e lasciare lievitare coperto finché non raddoppia (con il lievito di birra le cose saranno molto più rapide che non con il lievito madre, ma calcolate che in circa 3-4 ore dovreste esserci).
Nel frattempo preparate la farcia. Montate il burro morbido con lo zucchero, aggiungete la cannella in polvere e le nocciole tritate fini. Conservate a temperatura ambiente.
Una volta raddoppiato di volume riprendete l’imapsto, rovesciatelo sul piano leggermente infarinato e sgonfiatelo con delicatezza. Quindi stendetelo in un rettangolo di circa 48×30 cm e spalmateci sopra la farcia al burro. Il metodo di Linda Lomellino prevede di ricavare sei strisce di circa 8×30 cm per poi sovrapporle una sull’altra, tagliare quindi 6 quadrati e ottenere 6 pile da sei. Sembra complicato e forse un poco lo è, soprattutto perché maneggiandole le strisce di impasto si deformano un poco. Più semplicemente si può tagliare il rettangolo di impasto in strisce orizzontali e poi verticali in modo da ottenere dei quadrati più o meno regolari.
Si tratta quindi di raccoglierli e di impilarli un poco disordinatamente per poi sistemarli orizzontalmente in uno stampo da plum cake ben imburrato.
Un’ultima lievitazione sotto un panno pulito al riparo dalle correnti d’aria per almeno 2 ore, o comunque finchè l’impasto non sia ben cresciuto. Infornare a 170°C per 30 minuti nella parte bassa del forno, poi altri 10 a media altezza verificado che non scurisca troppo e nel caso coprendo con carta argentata.

I biscotti semintegrali di Barbara

Dalla metà di marzo facciamo scuola a casa. Un poco ci sentiamo fortunati perché è un anno particolare che guardiamo da vicino, la prima elementare, un poco arranchiamo cercando di tenere tutto insieme.

Lettere, numeri, maiuscolo, minuscolo, corsivo di corsa, i più, i meno, i numeri amici, e pure quelli nemici. Matematica e musica con il papà, catalano, castigliano, italiano e inglese (!) con la mamma, ma anche tutto insieme disegnando con i gessi sulla terrazza sopra la nostra testa, ritagliando le rose per Sant Jordi, o vestendo l’interpretazione casalinga de la menina di Picasso.

Tutto è molto strano, anche se allo strano ci si abitua.

E quello che mi pare di aver capito è che è bene che ognuno faccia la sua parte, anche quando gli tocca fare la parte di un altro. Non sono la maestra e se mi trovo ad insegnare bisogna che trovi un modo diverso per farlo.

Così facciamo con quel che abbiamo.
“Mamma ti aiuto?” Prende la sedia, sempre la più lontana dal piano di lavoro e la trascina senza aspettare risposta. Lo fa da quando aveva più o meno tre anni e mette le mani in pasta, rompe le uova, aziona la planetaria e mi scaccia con la mano perché vuol fare da sola. Abbasso i compiti semplici, qui dobbiamo fare sul serio!.


Allora contiamo le misure, sottraiamo la tara della bilancia, facciamo pile ordinate a base 10, traduciamo ogni ingrediente in tre lingue e leggiamo, da quest’anno leggiamo davvero.

Con la scusa che la mamma non vede senza occhiali leggiamo e rileggiamo ricette ed è arrivato il giorno in cui Anna ha dichiarato solennemente che il suo libro preferito è Facciamo colazione, di Barbara Toselli.

Lo porta sul lettone nei 10 minuti che ogni sera prima di dormire dedichiamo alla “lettura individuale”, ognuno con il suo libro preferito. Lei lo legge dalla prefazione in avanti, coscienziosissimamente, senza saltare, e al momento di scegliere quale ricetta fare ha puntato il dito su questi biscotti integrali con pepite di cioccolato e fior di sale. Come darle torto?

La ricetta è proprio quella di Barbara con solo qualche aggiustamento dovuto più che altro alla dispensa.

200 g di farina 00
200 di farina integrale (per noi tutta integrale)
100 g di pepite di cioccolato fondente
fior di sale in fiocchi
150 g di burro
250 g di zucchero grezzo Panela (Barbara usava 140 g di Muscovado e 140 g di Demerara)
1 uovo e 1 tuorlo
1/2 cucchiaino di lievito per dolci

Fondere il burro a bagnomaria (Anna adora questo nome…) e lasciare raffreddare. Montare lo zucchero con il burro tiepido, quando è cremoso unire l’uovo e il tuorlo e poi poco per volta la farina e il lievito. Alla fine incorporare le pepite di cioccolato fino ad ottenere un composto omogeneo. Prelevare porzioni di circa 45 g di impasto e formare delle pallette con i palmi delle mani; sistemarle su di una teglia foderata con carta da forno tenendole piuttosto distanziate. Appiattirle formando dei dischetti spessi circa 1 cm. Su ogni biscotto spolverizzare il fior di sale, premendo leggermente per far aderire. Far riposare la teglia in frigorifero per circa 30 minuti. Cuocere in forno caldo a 180°C per circa 10/15 minuti a seconda del vostro forno. Far raffreddare i biscotti prima di maniplarli.
Se non li finite subito potete conservarli in un contenitore ermetico per diversi giorni (noi li abbiamo condivisi con la vicina).

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