Ed ecco, dopo il ritratto alimentare, l’alimento ritratto. Sarà che ci piacciono le simmetrie, le nature morte e vive, ma insomma, proprio non se ne poteva fare a meno. Se in precedenza abbiamo baroccheggiato, se abbiamo tirato fuori cataloghi seicenteschi e caravaggeschi per melograne e peperoni, le uova, semplici e minimaliste (e quelle della signora Fausta ancora più semplici e minimaliste), ci sono sembrate piuttosto “iperrealiste”. Stavolta la scettica era Maite, chissà se il fotografo è riuscito a convincerla? Eppoi, invece di una tortilla, di un soufflé o di un uovo in camicia…
…una favola! di Luigi Capuana, che ci ricorda Catania, Bronte, l’Etna.. una specie di augurio per l’estate. . L’Uovo Nero (prima parte) C’era una volta una vecchia che campava di elemosina, e tutto quello che rimediava, lo divideva esattamente: metà lei, metà la sua gallina. Ogni giorno, all’alba, la gallina si metteva a schiamazzare; avea fatto l’uovo. La vecchia lo vendeva a un soldo, e si comprava un soldo di pane. La crosta la sminuzzava alla gallina, la midolla se la mangiava lei: poi tornava a chieder l’elemosina in giro. Ma venne una mal’annata. Un giorno la vecchina tornò a casa senza nulla. – Ah, gallettina mia! Oggi resteremo a gozzo vuoto. – Pazienza ci vuole! Mangeremo domani. Il giorno appresso, sul far dell’alba, la gallina si mise a schiamazzare. Invece d’un uovo, ne aveva fatti due, uno bianco e l’altro nero. La vecchia andò fuori per venderli. Quello bianco lo vendé subito; quello nero, nessuno volea creder che fosse uovo di gallina. La vecchina comprò il solito soldo di pane, e tornò a casa: – Ah, gallinetta mia! L’uovo nero non lo vuol nessuno. – Portatelo al Re. La vecchia lo portò al Re. – Che uovo è questo? – Maestà, di gallina. – Quanto lo fai? – Maestà, quello che il cuore v’ispira. – Datele cento lire. La vecchina, con quelle cento lire, si credette più ricca di Sua Maestà. Giusto in quei giorni la Regina avea posta una gallina, e alle uova messe a covare aggiunse anche quello. Ma la chioccia non lo covò. Il Re fece chiamare la vecchia: – Quell’uovo era barlaccio. – Maestà, non può essere; la gallina l’avea fatto lo stesso giorno. – Eppure non è nato. – Bisognava lo covasse la Regina. La cosa parve strana. Ma la Regina, curiosa, disse: – Lo coverò io. E se lo mise in seno. Dopo ventun giorni, sentì rompersi il guscio. Venne fuori un pulcino bianco ch’era una bellezza. – Maestà, Maestà! Fatemi la zuppa col vino. E pigolava. – Sei galletto o pollastra? – Maestà, son galletto. – Canta. – Chicchirichì! Era proprio galletto. E diventò il divertimento di tutta la corte. Ma più cresceva e più si faceva impertinente. A tavola beccava nei piatti del Re e della Regina; razzolava, come se nulla fosse, nei piatti dei Ministri, che non osavano dirgli sciò per rispetto del Re; girava di qua e di là per tutte le stanze del palazzo reale, s’appollaiava dovunque, e insudiciava e riempiva ogni cosa di pollìna. E poi tutto il giorno: – Chicchirichì! Chicchirichì! Rintronava le orecchie. La gente del palazzo reale non ne poteva più. Un giorno la Regina s’era fatta un vestito nuovo ch’era una meraviglia, ed era costato un sacco di quattrini. Prima che lo indossasse, va il galletto e glielo insudicia. La Regina montò sulle furie: – Sporco galletto! Per questa volta passi. Un’altra volta te la farò vedere io! E ordinò alla sarta un altro vestito più ricco di quello. La sarta ci si messe con impegno; figuriamoci che vestito!… Ma prima che la Regina lo indossasse, va il galletto e glielo insudicia. La Regina perdé il lume degli occhi: – Sporco galletto! Ora ti concio io. Chiamatemi il cuoco. Il cuoco si presentò. – Mi si faccia con cotesto galletto una buona tazza di brodo. In cucina gli tirarono il collo e lo messero a lessare. Appena la pentola diè il primo bollore: – Chicchirichì! Il galletto era scappato fuori, come se non gli avessero mai tirato il collo e non lo avessero mai pelato e abbrustolito. Il cuoco corse dalla Regina: – Maestà, il galletto è risuscitato! … continua .
maite e il fotografo
8 Comments
Che incanto, la natura che ci regala forme perfette.
Ed è un incanto gustarsele con gli occhi, ritratte con questa delicatezza.
Bravi, come sempre.
Buona giornata
Cri
credo anche io nelle forme che bastano a se stesse. e mi piacciono la grande e la piccola che sembrano bisibigliare l’una all’altra, e la mano leggera che sembra allungare il capo dell’uovo che la vuole toccare!
belle belle.
baci
ninè
grazie nina e grazie cri… e un milione di scuse a PuroLino di cui ho cancellato per errore i commenti! mi scuso tantissimo, il mattino per me non ha certo l’oro in bocca, anzi sarebbe meglio che mia stenessi dal fare qualunque cosa prima del caffè… ci riscrivi per favore?
Non mi ricordo più esattamente cosa avevo scritto, ma di sicuro avevo parlato della bellezza, della purezza e della semplicità.
Del Blog e delle uova!!
: ))
Ciao e grazie
Grazie per questo momento e immagini stop :-) Buona giornata!
La perfezione delle uova mi ha sempre affascinato, uno scrigno di rotondità con diverse consistenze
La favola è splendida, non vedo l’ora di leggere il resto
Un bacione
fra
eh si! a quando il seguito di questa bellissima favola? sennò non dormo.
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