Le ricette seguono strade tutte loro: a volte dritte come autostrade (per mano di libri, ma anche di amiche precisissime in memoria, dosi e maniere) a volte intricate come sentieri nel bosco con immancabili scarti di memoria e invenzioni. Questo coniglio appartiene in pieno e in tutto alla seconda categoria: niente tracce certe ma la memoria di qualcosa di assaggiato e raccontato, tipico, tipicissimo spagnolo, certo.
Poi però quando in regalo arriva, concreta, la carne e da qualche parte si riaccende il ricordo le risposte dovrebbero essere certe e invece brancolano confuse come impronte vaghe: l’aceto c’è di sicuro, la cipolla anche, l’alloro per forza (se no che escabeche sarebbe?) ma il resto? Ci vogliono verdure? brodo? In tanta vaghezza consultare la rete non è che proprio aiuti, anche perché nella testa c’è stampata l’immagine visiva di una pagina di ricettario di cucina coloniale (vale a dire più o meno Argentina) dove di sicuro compariva; ma dall’immagine alle dosi? Finché poi l’ora di cena non avvicina e a quel punto basta, faccio di testa mia…
La ricetta (a memoria e a occhio)
1 coniglio a pezzi
1/2 tazza di farina
1/2 tazza di aceto
1 tazza di vino bianco secco
2 grosse cipolle bianche
4 foglie di alloro
1 spicchio di aglio
pepe bianco in grani
olio extravergine di oliva
sale
Impanate i pezzi di coniglio nella farina avendo cura di scotolare l’eccesso, quindi rosolateli in una padella larga con l’olio extravergine di oliva, girateli appena la farina si compatta senza lasciarli colorare quindi raccoglieteli in un piatto e manteneteli in caldo. In una pentola a fondo spesso (possibilmente di ghisa e con chiusura forte) fate rosolare le cipolle tagliate sottili con l’aglio e le foglie di alloro, appena saranno traslucide aggiungete il coniglio e bagnate con il vino, fate svaporare a fiamma alta, quindi bagnate con l’aceto, unite gli altri ingredienti e chiudete la pentola. Proseguite la cottura a fiamma modesta bagnando se necessario poco per volta il coniglio con qualche mestolo di acqua calda (o brodo), verso la fine della cottura aggiustate di sale.
Fate riposare prima di servire e onsiderate che il giorno dopo sarà più buono.
5 Comments
Mmmmm que rico y che fame! Conejo, no conijo ;)
Saluti da Barcellona!
ps. La prossima volta che sarete qua, mi farebbe piacere portarvi al mercato di Santa Caterina dove c’è il banco di carne che adoro, DAVID.
siiiiiiii, tutti a BCN.
Che nostalgia del mercato e sì ci conto, andiamoci insieme voglio saper tutto dei banchi!!
PS in effetti lo so “conijo” non è spagnolo, ma è una specie di lingua personale, un idioletto a metà tra l’infantile, l’iberico e il romanesco… perdonaci.
Hola
Soy Juan (ref: Franchesca).
Creo que el plato al que hacéis referencia es “CONEJO EN ESCABECHE”, y no “CONIJO EN ESCABECHE”…..
Jejeje, no me tildéis de “Perepunyetes”.
Un saludo
hola Juan
que ilusiòn llerte aqui!
en realidad esto lo hicimos antes de ir a barcelona asi que està escrito en italiano… o mejor dicho en romano-niñesco y se diria “conillo”… que es como llamabamos el conejito-muñeco de la Annina.
un abrazo