Tag

biscotti

Browsing

Biscotti di avena e banane

Per una volta mi impegno ad essere breve, corta corta come la lista degli ingredienti di questa ricetta che, di base, ne prevede solo due: avena e banane.

Vi dico fateli, fateli anche se non amate le banane, fateli perché sono facilissimi, senza zucchero, senza uova e senza farina, senza trucco e senza inganno. Non vi prometto che sapranno uguali ai palets bretons ma io li ho fatti e rifatti, e sempre finiti.

Ricetta molto ad occhio, adattabile alla vostra dispensa e soprattutto alle banane a disposizione

2 banane (ma anche 1 o anche 3, insomma quelle che avete)
avena in fiocchi (se potete scegliere non troppo grossi e nemmeno piccoli, medi insomma)
succo di limone
+ cannella, semini assortiti, gocce di cioccolato, scorza di arancia, uvetta, frutta disidratata, etc…

Schiacciate le banane con la forchetta, io che sono pigra lo faccio con la planetaria ma davvero non serve. Aggiungete poco succo di limone perché non scuriscano e poi poca per volta l’avena in fiocchi fino ad ottenere un composto omogeneo e non eccessivamente colloso (dovete riuscire a formare una pallina). è il momento di aggiungere gli aromi che volete: cannella, cardamomo, zenzero (etc) e tutto quello che vi piace (frutta secca, frutta disidratata, gocce di cioccolato, semini, etc). Se per qualche ragione l’avete in casa mettete un cucchiaino di psyllium in polvere nell’impasto, ma non è necessario.
Formate delle palline regolari, sistematele su di una teglia rivestita e schiacciatele per ottenere dei dischi. Infornate in forno già caldo ma basso (140 °C) per circa 15 minuti, quindi girate i biscotti e cuocete dall’atro lato. Dovranno risultare sufficientemente asciutti. Una volta freddi conservateli in un barattolo o in una scatola.

biscotti zebra e biscotti leopardo

Ogni tanto bisogna guardarsi indietro, in cucina come nella vita e avere un blog in questo serve. Ti aiuta a non dimenticare, a non dimenticare tutto quello che hai cucinato, gli errori, i tentativi e anche i successi, ma soprattutto ti aiuta a ricordare i compromessi e le volte in cui hai cambiato idea.

Marie ed io ce lo ripetiamo sempre, a proposito di cose come il risotto al pomodoro e le barbabietole, e anche a proposito di cose un poco più serie. Cambiamo idea e probabilmente ci fa bene.

Ora però ci sono anche cose che rimangono uguali, nonostante la vita ti porti a misurare i passi lenti del compromesso. Io, ad esempio, con il cibo figurativo ho da sempre un problema. Qualunque cibo in forma di qualcosa mi mette soggezione. Non parlo ovviamente delle forme astratte e innocue dei tagliabiscotti, quelle possono permettersi di rappresentare alci, casette in canadà, o perfino las meninas di Picasso (ce l’ho tutte e tre giuro!); parlo invece delle verdure a forma di gattino, delle uova con gli occhiette e dei rapanelli a topolino, è più forte di me.

Ma tutto questo è roba vecchia e soprattutto già sentita.

L’ho scritto tante altre volte che detesto il figurativo alimentare, tutte le volte almeno in cui l’ho dovuto praticare.

Così guadandomi indietro ho scoperto che ho fatto una torta giraffa e una torta unicorno, nel frattempo Anna (e anche la sua amica Maria) hanno superato le praterie rosa degli unicorni, sono approdate non so bene dove, in un luogo in cui esistono solo i leggins e le salopette.

Questi biscotti dunque non sono un compromesso tanto speciale, anzi direi che sono un grado zero del figurativo in cucina. Giusto così, se qualcuno cercasse il coraggio per buttarsi…

La ricetta

per il colore di base
300 g di farina 00
100 di burro
100 di zucchero a velo
1 uovo e 2 tuorli
1 piccico di sale

Mescolate la farina, lo zucchero a velo, aggiungete il burro freddo in pezzi e cominciate a lavorare. Quando il composto sarà granuloso aggiungete le uova e impastate fino ad ottenere un composto omogeneo. Formate una palla, avvolgetela nella pellicola alimentare e conservate in frigo per un’ora.

per il marrone chiaro
300 g di farina
100 g di burro
60 g di zucchero a velo
40 g di cacao amaro in polvere
1 uovo e 2 tuorli
1 pizzico di sale

Setacciate la farina con lo zucchero e il cacao, unite il burro a dadini e impastate velocemente fino ad ottenere un composto in briciole. Incorporate le uova e il sale e lavorate fino che l’impasto non risulti omogeneo ed elastico. Avvolgetelo in pellicola alimentare e conservatelo in frigo per un’ora.

per il marrone scuro:
usare una parte della base marrone chiaro e incorporare cacao amaro fino ad ottenere il giusto tono

Per i biscotti leopardo stendere l’impasto chiaro in uno strato uniforme di circa 0,7 cm, prelevare piccole palline di impasto marrone e disporle sopra l’impasto steso, prelevare porzioni più piccole di impasto scuro e sistemarle ai bordi delle “macchie” più chiare (è più facile a farsi che a dirsi, tenete conto di dover disegnare la livrea di un leopardo…), infarinate leggermente la superficie e sistemateci sopra un foglio di carta da forno. Stendete con delicatezza con il mattarello in modo da incorporare gli impasti colorati al primo strato, quindi ritagliate con le forme che preferite.

Per i biscotti zebra stendete l’impasto marrone chiaro in uno strato uniforme, sistemateci sopra delle porzioni di impasto più scuro in striscioline (mantenendo sempra la stessa direzione!). Infarinate leggermente, sistemate sopra la carta da forno e stendete con il mattarello. Ritagliate poi con le formine che preferite.

Cuocete in forno già caldo (modalità ventilato) a 170°C per circa 10 minuti.

Biscotti con scorza di arancia e tè

In tutti questi anni abbiamo cucinato di tutto, ma alcune ricette sono diventate roba di famiglia, quelle cose che non ti deludono mai e che mai ti stancano, nemmeno ad impegnarsi.

Tra queste ci sono sicuramente i biscotti al burro, tè e sale di quel demonio di Martha Stewart che se li assaggi non te li scordi più. Non posso contare quante teglie ne abbiamo infornate, ma ci ho messo molto tempo anche solo ad immaginare di fare delle variazioni su quella ricetta originaria che si fa in 5 minuti e ti appassiona per sempre.

Il momento è arrivato nel fine settimana passato, chissà perché, forse semplicemente perché era il suo tempo e perché a Casa Perris, negozio delle meraviglie qui a Barcellona, abbiamo trovato della scorza essiccata di arancia che dà assuefazione. Io ve l’ho detto.

La ricetta

280 g di farina
230 g di burro a temperatura ambiente
60 g di zucchero a velo
1 cucchiaio raso di tè earl grey
1 cucchiaio raso di scorza di arancia essiccata
1/2 cucchiaino di sale in scaglie (o sale grosso)

Setacciare la farina, mescolare con il tè, la scorza di arancia e il sale (potete macinare il tè come consiglia Martha, ma a me personalmente piace sentire un poco di grana sotto i denti). Montare il burro con lo zucchero e unire poco per volta la farina fino ad ottenere un composto omogeneo. Formare un salsicciotto avvolgendolo in carta da forno e congelare per almeno 1 ora (potete scegliere il diametro dei biscotti, se preferite dei biscotti più piccoli preparate due salsicciotti). Trascorso il tempo tagliate dei dischi dello spessore di poco meno di un 1 cm con un coltello affilao a lama larga, disponeteli su una teglia da forno e infornate a 180°C per circa 15 minuti, sorvegliando che non scuriscano eccessivamente.

Biscotti turchi alle mele

Qui inizia una settimana anomala e impegnativa, vediamo come arriveremo in fondo. Ma intanto ci portiamo avanti parlando di questi dolcetti turchi alle mele che da soli sono una consolazione, e mi sa che questa settimana ne avremo bisogno…

La ricetta arriva diretta diretta dal blog di Eva che ho scoperto da poco (e per caso), ma che mi ha fatto felice. Dentro ci trovate molte ricette dolci, con spiegazioni dettagliate (in castigliano e in inglese) e anche bellissimi video in tempo reale per chiarire tutti i passaggi. Se date un’occhiata all’indice rimarrete sorpresi dalla quantità e dalla qualità delle ricette (anche quelle italiane più impensate) e la adorerete (ha elaborato persino un sistema per fare in casa i gusci delle sfogliatelle ricce, io però devo capire dove comprare la macchinetta della pasta formato maxi…).

Tornando a questi fagottini intrecciati di mele io devo confessare che li ho sbaffati tutti tra colazione e merenda: sono facili, carucci e adittivi. La ricetta è proprio quella di Eva con qualche piccolo adattamento dovuto più che altro alla mancanza della giusta grammatura di burro (e lo so, lo so che senza burro in casa non si dovrebbe stare… soprattutto di questi tempi).

La ricetta
400 g di farina debole
125 g di burro
125 g di yogurt tipo greco
50 g di crème fraiche
65 g di zucchero a velo
1 cucchiaino di lievito in polvere

per il ripieno:
4 mele
50 g di mandorle leggermente tritate
un pugnetto di uvetta
la scorza grattugiata di un limone e il suo succo
un cucchiaino di scorza di arancia essiccata (facoltativo)
1 cucchiaino di cannella grattugiata
1 cucchiaio (circa) di zucchero scuro (per noi panela)

Preparare il ripieno. Sbucciare le mele e tagliarle in pezzetti piccoli e regolari, cuocere a fuoco dolcissimo assieme al succo di limone, lo zucchero, l’uvetta e la cannella. Quando otterrete un composto omogeneo, spegnete e incorporate le mandorle e le scorze di agrumi. Lacsiate raffreddare completamente.

Setacciare la farina con il lievito (nota: nella ricetta originale c’è anche un cucchiaio di maizena ma io non ne avevo, inoltre è specificato che la quantità totale della farina necessaria va calibrata strada facendo).
Nel boccale della planetaria lavoriamo a velocità bassa il burro con la crème fraiche e lo zucchero a velo fino ad ottenere una crema omogenea (attenzione che gli ingredienti non siano freddi!). Incorporare quindi lo yogurt e poco alla volta la farina fino ad ottenere un composto omogeneo e liscio.
Rovesciare l’impasto sulla spianatoia e lavorare per circa 3 minuti, quindi formare una palla, corpire e lasciar riposare fuori dal frigo ma al fresco per un’ora.
Riprendere l’mpasto e dividerlo in 8 pezzi (da circa 90 g ciascuno), quindi stendere ognuno in un disco di circa 30 cm di diametro e dividere ogni disco in due metà e quindi in 4/4 (come se facessimo fette di una torta).
Incidere ogni quarto con dei tagli a V con l’apice verso la punta (trovate le foto sul blog di Eva), farcire con il composto di mele e richiudere i lembi in basso ripiegandone uno sull’altro come quando ci allacciamo la vestaglia (Eva lo spiega proprio così ;))

Sistemare i biscotti su di una teglia rivestita di carta da forno e conservare in frigorifero per mezz’ora. nel frattempo scaldare il forno a 180°C e quindi infornare in forno già caldo per circa 20 minuti (non devono colorarsi troppo).
Una volta freddi spolverizzare con zucchero a velo.

Se riuscite a non mangiarveli tutti si conservano bene in una scatola di latta.

Lemon meltaways

Quest’anno ho giurato che a Natale ci arrivo preparata, di tempo mi pare di averne più di quanto ne desidero e dunque non farò come sempre.

Non succederà che mi giro ed è già dicembre avanzato, che io non ho fatto nulla e corro, annaspo e rimando all’anno che viene. Quest’anno farò biscotti come se piovesse, per chiunque mi capiti a tiro, a costo di tirarli dal balcone.

Inizio dunque con le prove dei nuovi candidati (su quelli già testati credo di avere già le idee quasi chiare) e aspetto naturalmente suggerimenti.

La ricetta

300 g di farina
200 g di burro
120 g di zucchero a velo
20 g di amido di mais
la scorza di due limoni non trattati
3 cucchiai di succo di limone
un pizzico di sale

Montare il burro con lo zucchero a velo finché non è molto cremoso e gonfio, unire il succo di limone, la scorza e il sale quindi la farina setacciata assieme all’amido. Lavorare velocemente e formare una palla, avvolgerla e conservare in frigo per almeno 30 minuti. Stendere l’impasto tra due fogli di carta da forno e ricavare i biscotti. (In alternativa formare un salsicciotto con l’impasto appena pronto, avvolgerlo nella pellicola e conservare in frigo, quindi tagliare i dischi). Cuocere in forno già caldo a 180°C per circa 10/15 minuti. Non devono colorarsi troppo.

Nota: mi sono piaciuti molto, più il giorno dopo che il giorno stesso. Caldi e tiepidi avevano qualcosa di sabbioso, ma il giorno dopo erano sublimi. Abbondate con il limone e per quanto mi riguarda fate a meno della galssa e del passaggio nello zucchero a velo.

I biscotti semintegrali di Barbara

Dalla metà di marzo facciamo scuola a casa. Un poco ci sentiamo fortunati perché è un anno particolare che guardiamo da vicino, la prima elementare, un poco arranchiamo cercando di tenere tutto insieme.

Lettere, numeri, maiuscolo, minuscolo, corsivo di corsa, i più, i meno, i numeri amici, e pure quelli nemici. Matematica e musica con il papà, catalano, castigliano, italiano e inglese (!) con la mamma, ma anche tutto insieme disegnando con i gessi sulla terrazza sopra la nostra testa, ritagliando le rose per Sant Jordi, o vestendo l’interpretazione casalinga de la menina di Picasso.

Tutto è molto strano, anche se allo strano ci si abitua.

E quello che mi pare di aver capito è che è bene che ognuno faccia la sua parte, anche quando gli tocca fare la parte di un altro. Non sono la maestra e se mi trovo ad insegnare bisogna che trovi un modo diverso per farlo.

Così facciamo con quel che abbiamo.
“Mamma ti aiuto?” Prende la sedia, sempre la più lontana dal piano di lavoro e la trascina senza aspettare risposta. Lo fa da quando aveva più o meno tre anni e mette le mani in pasta, rompe le uova, aziona la planetaria e mi scaccia con la mano perché vuol fare da sola. Abbasso i compiti semplici, qui dobbiamo fare sul serio!.


Allora contiamo le misure, sottraiamo la tara della bilancia, facciamo pile ordinate a base 10, traduciamo ogni ingrediente in tre lingue e leggiamo, da quest’anno leggiamo davvero.

Con la scusa che la mamma non vede senza occhiali leggiamo e rileggiamo ricette ed è arrivato il giorno in cui Anna ha dichiarato solennemente che il suo libro preferito è Facciamo colazione, di Barbara Toselli.

Lo porta sul lettone nei 10 minuti che ogni sera prima di dormire dedichiamo alla “lettura individuale”, ognuno con il suo libro preferito. Lei lo legge dalla prefazione in avanti, coscienziosissimamente, senza saltare, e al momento di scegliere quale ricetta fare ha puntato il dito su questi biscotti integrali con pepite di cioccolato e fior di sale. Come darle torto?

La ricetta è proprio quella di Barbara con solo qualche aggiustamento dovuto più che altro alla dispensa.

200 g di farina 00
200 di farina integrale (per noi tutta integrale)
100 g di pepite di cioccolato fondente
fior di sale in fiocchi
150 g di burro
250 g di zucchero grezzo Panela (Barbara usava 140 g di Muscovado e 140 g di Demerara)
1 uovo e 1 tuorlo
1/2 cucchiaino di lievito per dolci

Fondere il burro a bagnomaria (Anna adora questo nome…) e lasciare raffreddare. Montare lo zucchero con il burro tiepido, quando è cremoso unire l’uovo e il tuorlo e poi poco per volta la farina e il lievito. Alla fine incorporare le pepite di cioccolato fino ad ottenere un composto omogeneo. Prelevare porzioni di circa 45 g di impasto e formare delle pallette con i palmi delle mani; sistemarle su di una teglia foderata con carta da forno tenendole piuttosto distanziate. Appiattirle formando dei dischetti spessi circa 1 cm. Su ogni biscotto spolverizzare il fior di sale, premendo leggermente per far aderire. Far riposare la teglia in frigorifero per circa 30 minuti. Cuocere in forno caldo a 180°C per circa 10/15 minuti a seconda del vostro forno. Far raffreddare i biscotti prima di maniplarli.
Se non li finite subito potete conservarli in un contenitore ermetico per diversi giorni (noi li abbiamo condivisi con la vicina).

I biscotti tedeschi di Claudia

Alle otto di ogni sera usciamo al balcone ad applaudire e a guardare negli occhi i vicini, anche se da lontano.

Viviamo nella piazza da sei anni e conosciamo ogni sfumatura di stagione, il rumore che faceva l’estate e tutta la vita della fontana che sta proprio al centro.
In questi anni, da maggio in poi, il nostro balcone è rimasto sempre praticamente aperto, facendo della piazza parte delle nostre giornate, un poco come un orologio, capace di orientarti quando sei distratto. Adesso nel silenzio del tempo sospeso la piazza sembra segnare solo un’ora: le otto, appunto, quando usciamo al balcone, alla finestra, sul terrazzo e battiamo le mani, ci affacciamo, sorridiamo, ci guardiamo e ci salutiamo. Sempre c’è qualcuno che prima di ritirarsi dietro la luce accesa della sua casa grida: Bona nit!

La tenerezza che provo per questo momento mi fa sentire parte di una cosa molto grande, che include l’Italia, l’Europa, il mondo smisurato che normalmente non si riesce a pensare, ma mi fa sentire anche qualcosa di molto più piccolo, il mio quartiere, il barrio, questa piazza, le mura romane, la scuola di Anna dietro l’angolo, le acacie, il gelataio con pianta come lo chiama Anna da quando aveva tre anni e naturalmente il negozio di Claudia.

Claudia è un’amica italiana, conosciuta per caso alla festa dell’asilo nido tedesco che Anna ha frequentato piccolissima, ma questo “per caso” era destinato ad essere “per forza”. Pochi mesi dopo le parole scambiate di corsa al parco, Claudia ha aperto il suo Konfetti kids proprio qui, così vicino da essere un’appendice di casa. Da allora sono state parole ogni giorno e pranzi un poco veloci tra le due e le tre, orario spagnolo.

Ora Konfetti è chiuso, la baixada silenziosa, come la piazza, se non alle otto della sera.
A noi mancano Claudia, Lili e Michi. Ci manca passare per un saluto, ci manca il pianoforte, l’altalena, l’accento italo-tedesco di Lili, le feste, le lucine, le novità e anche le cose sempre uguali.

Sappiamo che sono vicini, appena dietro la Layetana, ma ci sentiamo solo per telefono o con tutti i mezzi con cui sentiamo noi la nostra famiglia italiana e loro la loro italo-tedesca. Lo spazio è sospeso per tutti, 500 metri o 5000 chilometri sono (quasi) lo stesso in questo tempo strano.

Così aspettando che Konfetti riapra, che la piazza si riempia di voci, che torni la vita di tutte le ore, Claudia ci ha dato la ricetta della Oma, la nonna di Lili, che possiamo fare qui, come nella casa del Born, a Berlino, a Bergamo, o a Roma.

“Proprio ieri abbiamo festeggiato il nostro anniversario di vita a Barcellona: tre anni, che sono volati.In questi tre anni ci siamo abituati ad avere il mare dietro l’angolo, il cielo quasi sempre blu e tante persone bellissime con cui chiacchierare per le strade del barrio.
Quando la mia famiglia a Bergamo ha cominciato la quarantena, sono iniziate le preoccupazioni e dopo una decina di giorni é arrivato l’obbligo, anche per noi, di stare in casa.
Con nostra figlia Lilien di cinque anni appena compiuti le giornate trascorrono tra lavoretti più o meno elaborati, avventurose escursioni al terrazzo e quando possibile un po’ di lavoro da casa (grazie anche al prezioso aiuto della Patrulla Canina).Visto che mio marito non é grande amante dei dolci, sto cercando di limitare la produzione di torte e biscotti… anche se ogni tanto qualche teglia viene inevitabilmente sfornata! I makronen sono probabilmente la cosa più semplice e sfiziosa che si possa preparare e questa é la ricetta della Oma (nonna, in tedesco) di Lilien. Nonostante la nuova routine sia meno drammatica del previsto, spero di poter tornare presto a bere il caffè al bar accanto al mio negozietto, ciarlare con i vicini e passeggiare per le viuzze della città con il naso all’insù”.

Claudia.

La ricetta

Makronen alla nocciola

250 g nocciole tritate,
250 g zucchero,
1 pacchetto di zucchero vanigliato,
3 Bianchi d’uovo ( 120 g)
Per guarnizione: 45 Nocciole

Montare a neve il bianco d’uovo ed unirlo allo zucchero. Aggiungere le nocciole tritate e fare delle palline aiutandosi con due cucchiaini.
Sistemare le palline su carta da forno e guarnire ciascun makron con una nocciola. Infornare a fuoco moderato per 40 minuti. Una volta tolti dal forno e raggiunta la temperatura ambiente, spolverare con zucchero vanigliato.

Nota: noi abbiamo omesso lo zucchero a velo perchè non lo avevamo, ed abbiamo provato anche una versione in pirottini che è piaciuta molto ad Anna…

Konfetti è ovviamente chiuso, ma funziona il negozio on line, date un’occhiata e scoprirete cose bellissime: https://www.konfetti-kids.com/

Paste di meliga

Come suonava quella faccenda che non tutte le ciambelle riescono col buco?

Partiamo a volte con le migliori intenzioni, anche se non sempre con l’attrezzatura giusta, poi finisce che ci perdiamo per strada.
Così in un pomeriggio un poco noioso, dopo che nei giorni scorsi riordinando la credenza è saltato fuori un mezzo pacchetto di farina di mais, decidiamo che è l’ora finalmente di impastare le paste di meliga.

Per chi non lo sapesse sono biscotti deliziosi, friabili e burrosi al punto giusto, piemontesi come molti altri della tradizione italiana. Hanno una forma semplice ma leziosa, acciambellati e striati come piccole coroncine.

Gli ingredienti sono semplici: farina, fioretto di mais, burro, uova, zucchero o miele. Ma l’impasto ha le sue insidie, soprattutto se non si possiede ancora (!) un sac-à-poche come si deve… così dopo aver sacramentato in sette lingue ho fatto quel che ho potuto con la bocchetta e il dito, roba un poco primitiva e con un certo piacere regressivo.

Ma quando poi è arrivata Anna a dire “Mamma cosa fai? Posso giocare?” ho fatto veloce veloce a dire: “scegli una formina!” e lei, ravanando in una scatola di latta ripiena di ogni forma animale conosciuta e non, ha sorvolato su farfalle, pipistrelli, balene, dromedari, bacchette magiche, fiori e fauna, ha rinunciato al cavallo di Pippi Calzelunghe, a Sant Jordi (che è stato a lungo il suo preferito) ed ha scelto la formina più semplice di tutte, quella a forma, appunto, di biscotto.

Così le paste di meliga son diventati biscotti come carte da gioco. Senza striature ma buonissimi e anche se so che deve essere suggestione, mi sembra che nella forma distesa abbiano un gusto diverso che in coroncina.

Capita anche a voi che la forma cambi il sapore?

La ricetta
200 g di farina di mais (fioretto)
200 g di farina 00
200 g di burro
1 uovo + 1 tuorlo
160 g di zucchero semolato
1 cucchiaino di lievito in polvere
la scorza grattugiata di mezzo limone

Settaciate le farine, aggiungete lo zucchero, il lievito e la scorza di limone. Incorporate il burro morbido e infine le uova. Otterrete un composto piuttosto sodo ma un poco appiccicoso. Se avete un sac à poche degno di questo nome montate la bocchetta a stella (grande), riempitelo di impasto e formate sulla teglia del forno rivestita di carta antiaderente delle ciambelline. Altrimenti potete aggiungere un poco di farina bianca sul piano di lavoro, lavorare leggremente l’impasto, stenderlo e ritagliate le forme che preferite. Cuocere in forno ventilato a 160°C-180°C per circa 10 minuti, ma sorvegliando bene che non prendano troppo colore. Lasciate raffreddare perfettamente prima di manipolare i biscotti perché così termineranno di indurirsi.

I biscotti di don Pepito e di don Josè

Qualche volta quando si inizia a giocare non c’è modo di fermarsi. Cominci in un punto qualsiasi, afferrando il lembo di un pensiero e tirando forte, sperando senza nemmeno saperlo di far cadere dal tavolo tutta la noia di un pomeriggio girato un po’ male. E così, proprio così ci è capitato con questi biscotti che volevo fare da una vita senza mai trovare nè il tempo nè la strada e che si sono alla fine animati di quel che c’era.

i biscotti di sant jordi

Sabato qui è stata festa. Non è che a Barcellona sia esattamente una cosa rara, visto che ogni scusa è buona per spassarsela, ma alla festa di Sant Jordi siamo affezionati in modo particolare. è un giorno di sole in cui la città si veste di rose e di libri, festeggiando insieme due idee romatiche che insieme stanno benissimo.

Così, visto che la leggenda recita draghi, principesse, cavalieri ci siamo messi a far biscotti da portare con un giorno di anticipo all’asilo. Avevamo castelli, molte spade e cavalieri a cavallo (gli stessi a dir la verità che erano serviti per San Martino, ma tant’è…) ci mancavano draghi, principesse e rose, ma per l’anno prossimo ci organizzeremo.

tuiles

Tanto vale confessarlo: les tuiles, intese come biscotti, sono state a lungo un sogno di bambine. Leggere, quasi soffiate, se ne stavano appollaiate sui dorsi dei mattarelli nei libri di cucina (quelli un po’ “primitivi” che sfogliavamo allora…) per poi sciolgiersi in bocca quasi senza masticare, impasto sottile di zucchero e forno. Sì perché nelle tuiles, esattamente come nelle loro parenti (strette!), le lingue di gatto, la croccantezza e il tono dolce sono tutto, senza il quasi. E si potrà dire che sono semplici, banali, roba da bambine appunto, ma la verità è che le tuiles sono un esercizio di misura e di compromesso: se le cuoci troppo non si piegheranno, ma se non le asciughi rischiano di risultar gommose, un attimo prima son pallide come novizie, l’attimo accanto irrimediabilmente  tostate e perdute. Insomma ci vuole pratica e buona, anzi ottima conoscenza del proprio forno.
Nel nostro caso già da un po’ abbiamo rinunciato al mattarello, se proprio le volete piegare meglio un angolo più accentuato (il bordo di uno stampo, ad esempio, come la ricetta suggerisce), ma per la merenda, fidatevi, andranno bene pure di piatto.

Pin It