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La zuppa di carote (sanissima) della Pilar

Zuppa di carote is the new black!
Scherzi a parte a casa nostra (che di questi tempi è un posto un poco indefinito tra Roma e Barcellona) sta andando forte la zuppa di carote, ma non proprio la solita zuppa… Al Fotografo l’ha “prescritta” la sua nutrizionista, la Pilar, che lo segue da alcuni anni in un regime alimentare rigoroso e spesso molto alternativo.

In questi anni Pilar ci ha fatto scoprire di tutto e cambiare anche diverse abitudini, ognuno a modo suo naturalmente: il Fotografo da integralista, Anna ed io un poco alla carlona, veloci ad accogliere quel che di nuovo ci piace e restie a lasciare quel che ci piaceva prima. Ma tant’è, nella nostra vita sono entrati i fermentati prima che fossero tanto di moda, alghe dai nomi impossibili (comprese quelle di acqua dolce di certi laghi canadesi), risi di ogni colore, acidulato di umeboshi a cui abbiamo convertito l’intera cerchia di amici e parenti e lievito in scaglie (inattivato, per carità!) che Anna mangerebbe a cucchiaiate.

Con il nuovo anno stiamo riscoprendo le carote (e anche i finocchi) e saremmo pronti a scommetere che l’arancione sarà il nostro (uno dei nostri?) colore in cucina.

La zuppa è facile e un poco diversa: quasi un gazpacho al fondo, visto che tutto è quasi crudo. Fa bene e non punisce, garantito.

La ricetta

4 carote di medie dimensioni
1/2 finocchio
1/2 cipolla rossa
curcuma
curry
olio extravergine di oliva
acidulato di umeboshi

per servire:
semi di zucca (o altra semaglia)
origano o cumino nero, o anche semi di finocchio

Lavate le carote, raschiatele, tagliatele in grossi pezzi regolari e tuffatele in acqua bollente per pochi minuti (conservate l’acqua di cottura!). Pulite il finocchio e sbucciate la cipolla, quindi raccogliete le carote cotte nel frullatore e aggiungete le altre verdure. Frullate ed aggiungete poca acqua di cottura alla volta fino ad ottenere la consistenza che vi piace. Alla fine aggiungete la curcuma, il curry e il pepe, l’aciudulato di umeboshi e due cucchiai di olio extravergine di oliva. Servite con i semini e l’origano.

la zuppa tiepida di carote

Succede ogni anno e questo non ha fatto eccezione. Faccio finta di non accorgermene e rimando finché proprio non posso più ignorarlo, quindi mi tuffo nel cambio degli armadi armata di tutte le buone intenzioni, finisco quasi per soccombere e alla fine ne esco stremata. Il giorno dopo immancabilmente piove, o in quell’altra stagione torna la canicola. 

un breadcake per Swiit

Qui a Barcellona abitiamo in una piazza piccola piccola nel cuore del Barrio Gotico e deve  esserci stato necessariamente qualche tratto del destino nel fatto che viviamo proprio qui, abbarbicati al quinto piano (senza ascensore), con la vista affacciata su una porzione delle antiche mura romane della città.

dip di carote, zenzero e Kombu

Che fate voi dell’alga Kombu? Io personalmente me ne dimentico. Ne abbiamo comprate quantità imprudenti quando sull’onda della rivoluzione salutista del Fotografo ho ceduto a quella vecchia malattia (che credo di portarmi dietro da sempre) che mi spinge compulsivamente verso ogni ingrediente nuovo, esotico o ancora peggio lontano nel tempo (praticamente il massimo del romanticismo).

Poi però l’alga Kombu (come del resto le sue sorelle) è rimasta lì, nello stipetto dell’armadio verde senza trovare una sua collocazione nè nella dispensa nè tanto meno fuori da quella… perché tocca dirlo i primi tentativi con un ingrediente nuovo non sono sempre esiti felici, ben più spesso finiscono per gridarci in voce forte e chiara che la cosa è semplice: se non l’hai usato fino ad ora una ragione ci deve pure essere…

Per fortuna Marie è una testolina rossa e un cuore indomito. A fine novembre ha fatto un viaggio in Bretagna e per qualche giorno si è fermata alla Pointe du Raz, la punta estrema dell’estrema Bretagna, quella che guarda agli Stati Uniti.
Siccome è un’anima romantica si è messa a calcolare che soltanto 5379 km a volo di uccello la separavano da New York e a me pare di vederla, dritta sulla scogliera, avvolta nelle sue sciarpe guardare ad Occidente. E poi proprio lì, in quel luogo mutevole di colori cangianti, di nuvole veloci e di vegtazione brulla si è rifugiata in un piccolo caffè con dentro una piccola libreria, uno scrigno del desiderio che vorresti avere sotto casa. Caldo accogliente, luminoso con una scelta intelligente (!) e curatissima per i libri di cucina, sguardo acceso sulla cucina sana.
Lì, in quell’angolo di finis terrae ha scovalo la nostra nuova bibbia sulla cucina delle alghe. E l’alga Kombu ha finalmente  avuto un senso, toccava solo arrivare alle soglie del Nuovo Mondo e guardare indietro verso Oriente.

 
 

La ricetta (tratta da La cuisine des algues di Xa Milne, ed. Rouergue)
4 o 5 carote
mezza cipolla rossa
4 cm di zenzero fresco
10 cm di alga kombu (fresca o reidrata per 5 minuti in acqua calda se secca)

Salsa di ispirazione giapponese che può accompagnare un pesce bianco, un pesce affumicato, carne fredda oppure spalmata sul pane come abbiamo fatto noi.
Riunire tutti gli ingredienti, tranne la salsa di soya, sale e pepe nel mixer e fare girare fino a quando il tutto non si è sminuzzato. Se la consistenza sembra troppo secca, aggiungere un cucchiaio in più di acqua. A questo punto aggiungete la soya, il sale ed il pepe. Si conserva per qualche giorno in frigo.

 

 

zuppa integrale di carote (e foglie)

Lo hanno imparato ormai anche al banco de pages del Mercato di Santa Caterina: a noi ci piaccione le foglie! Non è soltanto una questione estetica off course, ma vuoi mettere un mazzo di carote o addirittura di barbabietole con tutta la loro natura attaccata?
Se avete la fortuna di metterci sopra le mani (e non sempre è facile) sarete in grado di giudicare molto meglio la freschezza di quel che vi portate a casa e poi, a dispetto di un pensiero che troppo accorcia la versatilità delle piante tutte intere, le foglie non sono roba da conigli (!), ma servono a duemila cose e più…

zuppetta integralista di carote e cilantro

Il fotografo ultimamente se la spassa: acchiappa aerei al volo e scappa a Barcellona appena può. Accampa certe scuse, per di più credibili, riguardo a galleristi e gallerie, contatti importantissimi proprio lì, e proprio a due passi due dal caffè delle monache, quello frequentatissimo ad ogni gita e  da cui ha la grazia di riportare (quasi) sempre almeno un pacchetto (vedi  las yemas).
Insomma se la spassa, tra cervezerie, amici estrosi e corniciai, avrà mangiato chorizo a quattro palmenti e chipirones e pimientos e magari pure un pezzetto di foie a la plancha.
Sì ma domani? Domani quando rientrerà a Roma troverà il suo frigo in bianco, capace come al solito di ri-mandargli un eco. Le cuoche poi sono disperse (tra i monti l’una e tra i comunicati stampa l’altra), così se non rimedia un invito al volo rischia la fame. La comunicazione quindi è proprio di quelle di servizio: se apri il frezeer, dentro quell’affarino con il tappo azzurro trovi una porzione giusta giusta della zuppetta di Marie, quella confezionata proprio apposta per te, con le carote tutte intere (foglie comprese) e il coriandolo fresco + il latte di cocco tutto intorno per fartele mangiare.

gelato di carote, mele e zenzero

Sulla scorta della scorta di carote sgranocchiate con Marta ci è presa una specie di deriva salutista, del resto che fare con tutti quei chili di arancione e con questo caldo pergiunta? centrifuga, ovvio, mettendoci le mele che compensiono un po’ quella dolcezza che rischia di stuccare tutta insieme e da sola, e poi un pizzico di zenzero per dargli un po’ di brio e la sensazione di fare ancora più bene, ancora più sano… ma poi in tutto questo salutismo il fotografo (bretone di origine, occorre ricordarlo) pareva un po’ a disagio… ma davvero non ci mettiamo niente niente? così solo mele e carote? roba un po’ da cavalli… e allora di soppiatto, un po’ di straforo nella centrifuga, prima di esser messa nella gelatiera nuova nuova, ci è finita un po’ di panna, insomma un po’ di cremoso, un po’ di peccato, un po’ di roba da cristiani (bretoni)!

bottoncini (o muffin?) alle carote viola

Succede ogni tanto che la marie compaia a casa del fotografo con un cestino pieno di ogni bendiddio. Un po’ come cappuccetto (rosso, è il caso di dirlo) a casa della nonnina (o nel bosco del lupo!). Il fotografo fotografa (a stomaco vuoto) e mangia. Questa volta, oltre a biscotti magici (che saranno rivelati a tempo debito), c’erano carote viola e dolcetti piccoli e tondi come bottoni, che al fotografo hanno subito fatto pensare ai cassettini della merceria o a quelle scatole piene di aghi, ditali, metri gialli arrotolati, cerniere e merletti (e tanti bottoni, naturalmente) che sembravano dei piccoli tesori da piccoli. Così allestisce il set (mica facile, che di bottoni, a casa dei fotografi, non ci stanno mica) e tutto contento spedisce la foto nell’iperspazio a maite e marie.

Ma quali bottoni e bottoni! quelli erano solo gli avanzi dell’impasto! non hai visto i muffin nel cestino?-

…Eppure come bottoni erano proprio carini!- pensa ancora il fotografo… (che ora non sa più bene quale foto deve mettere nel post).

carotine speziate

Le carote!
… arancioni, colorate, divertenti, è una di quelle verdure che si trova sempre. Qui le abbiamo declinate in una versione semplice e veloce, che volendo si può fare tutto l’anno. L’estate un po’ come una zuppetta dissetante, l’inverno come piccolo aperitivo dietetico. In questo periodo si ha voglia si, di mangiare leggeri (tra i buoni propostiti non proprio dimenticati c’è lo spettro della dieta… ), ma ciò non esclude l’organizzare cenette leggere per gli amici.

daube alla provenzale

La Daube alla provenzale è un piatto tipico della cucina francese. Quando ero piccola mio padre la preparava di tanto in tanto e per me era un momento di festa. Non cucinava molto spesso, ma quando lo faceva, era con tutti i crismi, un po’ come Ratatouille. La cucina diventava il suo regno e guai a chi lo interrompeva… ma in realtà era un piccolo-lungo momento molto divertente perché ad un certo punto della cottura arrivava e diceva: vieni, vieni, assaggia il sughetto! Non è che tra me, mio fratello e mia sorella ci si facesse pregare, e per tutti e tre era il tripudio di scarpetta con il pane per l’assaggio del sugo. Anche mio padre non rinunciava agli assaggi… e quindi arrivati alla fine, quando dovevamo mangiare la carne… diceva sempre: Merde, non c’è abbastanza sugo, la prossima volta devo farne molto di più!

canarià (crema turca di carote e yogurt)

La ricetta è turca, facile e soprattutto fresca. Si potrebbe intendere come una sorta di tzatzichi, con le carote al posto dei cetrioli e con meno (molto meno…) aglio. A differenza del cugino greco questa cremina richiede un passaggio rapido dalla padella, giusto per far ammorbidire le carote, ma ugualmente va mangiata fredda spalmata sul pane (l’ideale sarebbe tipo pita), oppure con verdurine fresche come un pinzimonio.
In questa versione agli ingredienti della ricetta tradizionale è stato aggiunto lo zenzero per dargli un po’ più di verve, ma la cosa è facoltativa e allo zenzero si possono sostituire molte altre possibili variabili, ad esempio il cumino. Non resta che provare…

flan di carote con fiori di erba cipollina

Le carote non sono intuitive. Bisogna lavorarsele un po’, camuffarne la consistenza altrimenti tanto vale mangiarsele crude a morsi come conigli.
Nel guardare la ricetta di una torta di carote cotta a bagnomaria in un libro tutto dedicato al cibo da/in giardino garden party, guido tommasi editore  la faccenda ci è sembrata interessante e promettente, così ci siamo buttate con qualche uova in meno e qualche spezia in più, giusto per giocare un po’ sulle variabili.

Poi, siccome avevamo previsto dosi da cavallo ci siamo ingegnate a farne versioni diversificate giocando con le formine…

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