Le ricette seguono strade tutte loro: a volte dritte come autostrade (per mano di libri, ma anche di amiche precisissime in memoria, dosi e maniere) a volte intricate come sentieri nel bosco con immancabili scarti di memoria e invenzioni. Questo coniglio appartiene in pieno e in tutto alla seconda categoria: niente tracce certe ma la memoria di qualcosa di assaggiato e raccontato, tipico, tipicissimo spagnolo, certo.
Poi però quando in regalo arriva, concreta, la carne e da qualche parte si riaccende il ricordo le risposte dovrebbero essere certe e invece brancolano confuse come impronte vaghe: l’aceto c’è di sicuro, la cipolla anche, l’alloro per forza (se no che escabeche sarebbe?) ma il resto? Ci vogliono verdure? brodo? In tanta vaghezza consultare la rete non è che proprio aiuti, anche perché nella testa c’è stampata l’immagine visiva di una pagina di ricettario di cucina coloniale (vale a dire più o meno Argentina) dove di sicuro compariva; ma dall’immagine alle dosi? Finché poi l’ora di cena non avvicina e a quel punto basta, faccio di testa mia…
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