Del Gallo, di Barbara, di Marzio, del loro modo, della loro cucina abbiamo detto tante e tante volte. Ma il fatto è che andar da loro ci fa sentire bene, un po’ a casa, ma coccolati di fresco, specie a primavera quando le erbe selvatiche diventano più generose. Così questa volta ci siamo pure ricordati di fotografarlo il budino di pane e di chiedere la ricetta.
cannelloni di cannatella
A pronunciarla la cosa dimostra già una magica assonanza… quindi dopo aver fatto le frittelle, essersi fatti raccontare gli spaghetti non rimaneva che lanciarsi su un grande classico della cucina di primavera della nonna, cann-elloni di cann-atella (cioè silene). La ricetta è veramente di quelle effetto-meraviglia per semplicità mista a sorpresa, non prevede nemmeno besciamella e, per tradizione di famiglia non avvezza a tirarla, non implica nemmeno la pasta fatta in casa. Insomma tutto il lavoro sta nel prima, cioé nell’andare per campi, per prati, per sentierini a cercare l’erbetta (a meno che, fortunelli non la si riceva in dono), tornati a casa non resta che curarla (ma davvero non è in questo caso difficile) lavarla, sbollentarla e procedere al montaggio…
flan di tarassaco
La prima volta non si scorda mai.
Così quando per la prima volta ci siamo trovati a maneggiare il tarassaco in prima persona e con le nostre manine la fantasia non sapeva se friggere o cavalcare. Certo la piantina la conoscevamo, sia nel prato che in tavola, ma metterla in pentola (e soprattutto come!) è stata tutta un’altra faccenda. No, perché pareva male e pure banale bollirla e ripassarla in padella, soprattutto considerando tutta la grazia con cui ci era stata regalata. Dunque deciso: ogni fantasia al potere! L’idea di partenza è stata, ovviamente, di individuare qualcosa che associasse al gusto amarognolo dell’erbetta una dolcezza un po’ più corposa della semplice cipolla, forse del formaggio (sì ma quale?), forse pesce (con il rischio però che si perdesse…). Alla fine si è materializzato nella testa qualcosa di simile a una sorta di cheese-cake che, occorre dirlo subito, si è perso per la strada (rintuzzandosi in un angolo del cervello cucinoso da cui un giorno o l’altro salterà fuori). Quel che è rimasto, oltre i voli pindarici, è un flan piuttosto delicato, declinato in due versioni: cocottine e torta con qualche (vago…) eco del cheese-cake perduto.
bouquet di erbette selvatiche (della grazia)
Questo bouquet da urlo, o per dirla alla “Comida” da sbattersi per terra, che Marie regge saldamente tra le mani, è stato il graditissimo regalo di un’amica che non solo lo ha pensato e composto con grazia e con cura, ma si è anche presa la briga di andare a cercare le erbette, ad una ad una nel suo giardino (grazie Grazia!). C’è tutto quello che ci vuole: tarassaco, bruscandoli (vale a dire germogli di luppolo), cannatella (cioè silene) e le aromatiche significative di questo periodo: alloro, salvia, rosmarino, erba cipollina e melissa, mancavano solo l’ortica forse perché punge, le poppole (le foglie di papavero) che ormai è troppo tardi visto che sono spuntati i papaveri e la borragine per la quale, a queste latitudini, è ancora troppo presto, ma per il resto ci siamo sentite ricche e felici. Dopo averlo sottratto al gatto, però, ci siamo chieste cosa farne di questo bouquet così speciale perché più che scegliere il vaso giusto qui era questione di scegliere la pentola più adeguata, separando, discernendo e pure massimizzando tutto quanto il più possibile.
strudel di ortiche e ricotta della signora Fausta
Le ortiche non muoino mai. Questo pensiero comincia a farsi strada nel constatare che alla metà di ottobre (quasi) continuano a imperversare baldanzose e pungentissime sul banchetto della signora Fausta a una latitudine che si potrebbe definire piuttosto alpina… ma tant’è ancora si trovano e ancora pungono, nonostante il trattamento in acqua fredda consigliato dalla signora Fausta e nonostante un bel paio di guanti di lattice indossati per trattarle con la dovuta cautela…
Per fortuna che oltre a raccoglierle, portarle al mercato e consigliare come “toccarle” la signora Fausta prodiga ricette su come ammansirle e ci ha raccomandato questo strudel in cui la ricotta, dolce, bianca e tenerissima fa la parte della fata buona in una favola a lieto fine.
Lo strudel è buonissimo e particolare, rispetto alla ricetta originale abbiamo aggiunto i semi di girasole, che danno un po’ di consistenza alla pasta sfoglia e un tocco più rustico alla favola…
pasta con la borragine
“Borago officinalis (vedi dizionario) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Borraginaceae. Originaria del vicino Oriente, fu introdotta in Spagna e di lì si diffuse copiosamente in tutta l’area mediterranea.”
Le notizie sulla borragine tratte dal bellissimo libro di Cristina Bay e Gottardo Bonacini, Il giardiniere goloso (Ponte alle grazie, Milano 2008) hanno la capacità di restituire a questa piantina delicata e romantica, piena di fiorellini azzurro-violetti, tutto un sapore evocativo che la colloca nella storia, quella araba, quella romana e poi medievale… Scopriamo così che la Borragine è nota come “la pianta che allontana la malinconia”, che ha proprietà diaforetiche (cioè fa sudare) e che proprio da questa caratteristica deriverebbe il suo nome arabo (abù’araq) poi diventato borraginem nel latino medievale.
Nel vederla al mercato ancora in questa stagione (privilegi della montagna!) veniva quasi un po’ di nostalgia anticipata, immaginando che questa sia l’ultima, che bisognerà aspettare maggio… ed allora, complice la signora che l’ha raccolta nel suo orto, portata al mercato e persino elargito consigli su come “onorarla” al meglio… ci abbiamo fatto la pasta!