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Il pesto di popcorn di René Redzepi

Che cosa ci seduce in una ricetta? Il sapore immaginato in bocca a partire da una immagine bella? o anche solo la scelta delle parole, la lista degli ingredienti, il titolo?

Che cosa ci fa decidere di metterla nell’elenco delle cose da fare, domani o prossimamente, che cosa ci fa controllare immeditamante di avere tutto nella dispensa e persino suonare alla vicina perché ci mancano 2 etti di farina?

Credo che, almeno per me, siano un insieme di molte cose, o di cose diverse. A volte è l’immagine a rimanere misteriosamente incollata alla retina, a volte la seduzione di un titolo, o di un ingrediente mai usato; a volte al contrario l’accendersi del ricordo di qualcosa di conosciuto, magari dimenticato, o la volontà di scoprire se funziona ancora.

Certe volte però succede qualcosa di un poco diverso, una seduzione che è più della testa. Qualche cosa che ci intriga per come è stato pensato, immaginato, qualcosa che può rendere simile (con tutte le dovute proporzioni che andrebbero sempre misurate sul campo) anche la cucina all’arte.
I processi creativi sono seduttivi come poche cose nell’universo, quando riescono a suggerire una strada, quando in qualunque forma o materia si esprimono mostrano la trama del ragionamento che ha portato al risultato.

Il piatto certo, ma soprattutto tutte le sue ragioni.

Quando a Cibo a Regola d’Arte di due anni fa salì sul palco Massimo Bottura per parlare del suo progetto di Cibo per l’Anima c’era da rimanere a bocca aperta. Comprai il suo libro, Il pane è oro, e vincendo la timidezza me lo feci persino dedicare. Lo lascia fuori dalla valigia e lo lessi come una specie di romanzo sul trenino per Malpensa e poi in aereo, una cosa che oggi mi sembra fantascienza, senza guanti, senza mascherina (!). Lo divoravo, lo masticavo probabilmente perché è un libro di storie e di attitudini, che parla di grandi cuochi ma che mostra soprattutto come pensano, come ragionano, non tanto nel racconto comunque sincero che ne fa Massimo Bottura, ma anche e soprattutto attraverso le ricette.

Il gioco serio di Bottura era semplice, ma tremendamente complesso. Con l’Expo in corso Milano è stata nel 2015 il crocevia dal quale sono passati i cuochi più famosi del pianeta: perché non invitarli a cucinare? Cucinare certo, ma non le materie prime elette, gli ingredienti preferiti, le quantità scrupolosamente misurate seguendo serrate partiture. No, cucinando quel che c’era, anzi quel che avanzava.

Perché l’Expo di Milano a dispetto del suo titolo che si proponeva di trovare l’energia nutritiva (o nutriente?) per il pianeta ha prodotto molti scarti, molto esubero proprio di quel cibo e di quella energia che sarebbe obligatorio non disperdere.
I cuochi invitati accettavano dunque la sfida di cucinare un intero menù senza sapere a partire da quali ingredienti, perché gli esuberi, gli scarti non si possono prevedere ed arrivavano nelle cucine del Refettorio nella prima mattinata. La sera la cena doveva essere in tavola.

Di tutto il libro, letto all’inizio coscienziosamente poi un poco saltellando avanti e indietro, io rimasi incollata a una piccola, piccola invenzione di René Redzepi, il cuoco del Noma.
Per la sua cena aveva a disposizione dei mazzetti non proprio vivaci di basilico, ma niente pinoli, o non abbastanza. In fondo alla dispensa saltano fuori due sacchetti di chicchi di mais, da qui ai pop corn, dai pop corn a una granella che per consistenza, funzione e in parte sapore può funzionare.

Una cosa al posto di quello che non c’è. Non a caso, ma pensando forte.

Io a questo pesto ho pensato tanto, non solo per fascinazione o suggestione, ma anche perché adoro i pop corn. Sono uno dei miei cibi schifezza preferiti (assieme ad altri che non sono pronta a confessare). Li faccio spesso, e da quando c’è Anna ho una scusa in più. Li guardiamo scoppiettare attraverso un coperchio in vetro che rende le cose ancora più divertenti, poi ce li spartiamo più o meno equamente.

L’altra sera per qualche incomprensibile ragione ne è avanzata una manciata. Era il momento giusto, finalmente.

La ricetta

è esattamente quella del libro, ho solo omesso il Parmigiano Reggiano perché a volte i pesti mi piacciono marcatamente vegetali. La riporto a modo mio

Per 8 persone
3 cucchiai di olio di semi di mais
30 g di chicchi di mais
1 spicchio di aglio tritato
le foglie di 4 mazzetti di basilico, lavate e tritate
le foglie di 1 mazzetto di coriandolo, lavate e tritate
275 ml di olio extravergine di oliva
100 g di pinoli (ma pure meno)
la scorza grattugiata di un limone
sale e pepe

1 kg di pasta corta (per me rigatoni integrali)
Olio extravergine di oliva per condire
Parmigiano Reggiano grattugiato al momento per servire (io ne ho fatto a meno, mentre invece ho aggiunto la scorza di limone grattugiato sopra)

Preparare i pop corn, quindi frullarli a impulsi fino ad ottenere una granella non troppo fina. Conservare da parte. Preparare il pesto frullando il basilico, il coriandolo, l’aglio e l’olio extravergine di oliva. Quando comincia ad essere omogeneo unire i pinolti.
Versarlo in una terrina e quando la pasta sta già cuocendo aggiungere la granella di pop corn e la scorza di limone. Aggiustare di sale e pepe. Quando la pasta è cotta, scolare conservando pochissima acqua di cottura condire ed eventualmente mantecare con un goccio di acqua. Servire subito

Pesto di salvia

Che di pesti non ce ne siano mai abbastanza, siamo noi la prova provata. Sui pesti ci abbiamo fatto un intero libro, eppure qualcosa di nuovo scappa fuori sempre, anche e soprattutto in quarantena.

Nella spesa di verdure della settimana scorsa era entrato anche un volitivo mazzetto di salvia che qui non è roba semplice da trovare già normalmente, figurati adesso. Serviva per una ricetta della nostra rubrica sul sito dell’Istituto di Valorizzazione dei Salumi Italiani, in calendario a breve.

Fatta la ricetta rimanevano parecchie foglie che in un’epoca diversa da questa avrebbero finito per languire sul fondo del cassetto delle vedrure nel frigo, ma qui, cercando di uscire il meno possibile, di tutto quello che entra facciamo un uso assolutamente minuzioso.

Dunque abbiamo fritto le foglie più grandi e più belle, in una pastella semplice che ci ha insegnato Marie a Castellina tanti anni fa e il resto è diventato pesto, in versione vegana che così se lo pappa anche il Fotografo con tagliatelle di farro integrali, home made, ça va sans dire…

La ricetta


20 g circa di foglie di salvia fresche
60 g di noci
20 g di nocciole tostate
1/2 spicchio di aglio
un pezzetto di scorza di limone non trattato (senza la parte bianca)
mezzo cucchiaino di succo di limone
sale o acidulato di Umeboshi
olio extravergine di oliva

Tritate le foglie di salvia (lavate e perfettamente asciugate) con le noci e le nocciole, unite lo spicchio di aglio, la scorza e il succo di limone. Aggiungete in fine l’olio extravergine di oliva e regolate con sale (o umeboshi).

pesto siciliano e catalano

La Sicilia e la Catalunya in alcune cose si assomigliano. Non è una vicinanza evidente, una dei quelle cose in cui la parentela si legge allo specchio  rispecchiando gli occhi negli occhi o una sfumatura nel tono dei capelli. Però, a darsi il tempo, si trova come una traccia sottesa, una specie di fume carsico che ogni tanto zampilla in superficie e che per il resto ha trovato la sua forma diversa in ciascuna patria.

aglio arrostito… ancora!

Repetita iuvant. Che poi in cucina, almeno nella nostra, non è tanto questione di essere didattici quanto di diventare proprio fissati: “scopri” qualcosa, fosse pure l’acqua calda, e non molli la presa. La scoperta rimane vispa in testa e si declina, si riscopre, si decanta e si ricanta come certi motivetti che non ricordi neppure più dove hai sentito.
Noi dell’aglio arrosto, lo dicevamo ieri, abbiamo sentito parlare a lungo prima di provare a cimentarci, ma ora che il vaso è aperto ci pare proprio di non poterne fare a meno, soprattutto che è facile, facile da morire…

pesto di spinaci crudi

Ecco, se poi proprio ve ne avanzasse qualche foglia di quegli spinaci di ieri, diciamo una tazza o giù di lì, non serve che li lessiate che infondo si mangerebbe assai poco ma così come stanno (giusto ben puliti) li mettete nel bicchierone del frullatore e aggiungete un poco di feta greca, ma anche se lo avete di caprino morbido. Bagnate con olio extravergine di oliva in quantità adeguata e ci condite la pasta, verde, verdissima pure lei per fare tiè a questo tempo di un grigio indifendibile.

spaghetti alla chitarra con pesto di cilantro, avocado e anacardi

Che si mangia quando si chiude un libro?
Questo week end è stato un tantino al cardio-palma, consegna incombente, Identità Golose incombenti, armadi incombenti, disordine incombente… risultato poco tempo per mangiare, poco tempo per cucinare (ovviamente non ciò che doveva finire sotto le luci del fotografo), poco tempo anche solo per pensare agli armadi, al disordine che si ammonticchiava implacabile, lui, tra lavello, tavoli, sedie e pure pavimento. Ma fosse che la fame, quella, si metteva a tacere con tante obiezioni in giro?
Giammai, visto che comunque sempre di libro di cucina si tratta, il risultato è che la fame cresce quanto il tempo diminuisce.
Allora si acchiappa un po’ quel che passa di là: un mazzo di coriandolo fresco (che qui per ascendenze spagnole del fotografo chiamiamo cilantro) che avanzava da cose in corso, anacardi che pure loro erano un fondo residuale di un altro progetto e gli spaghetti a sezione quadrata che quelli ci sono a prescindere. Poi siccome invece l’olio extravergine alla fine un poco scarseggiava, ci si è messi di ingegno ed abbiamo allungato (si potrà dire?) con la polpa di mezzo avocado che è ancora della scorta siciliana.

polpettine rinforzate al pesto

Il fotografo ha un anno di più e tra le altre solide certezze della sua cena di compleanno di ieri c’è stata la scoperta (!) che le polpette non sono soltanto gioiose e versatili, ma del tutto inclini ad essere rinforzate. Il pesto di eri, quello dei ricordi, è finito copioso nell’impasto, anzi per essere maggiormente solidale all’insieme lo abbiamo montato prima con le uova e quindi aggiunto a mano alla carne.
Per il resto procedimento del tutto classico e risultato da sbattersi per terra, almeno a bocca di un certo architetto napoletano, normalmente goloso di cioccolato, arrivato in serata per festeggiare il genetliaco.
PS la scatolina viene invece dritta dritta da Parigi per mano della Marie

un pesto di ricordi

Iniziamo col dire che oggi, 4 ottobre, è il compleanno del fotografo, un compleanno di quelli già quasi tondi tondi che davvero non ci si può esimere dal festeggiare. E che cosa potrà mai desiderare per la sua festa il fotografo nel bel mezzo della cucina di calycanthus per una volta riunita al gran completo?
Una torta? Un vassoio di pastarelle? un cinghialetto al forno come Asterix? una cofana di cozze scoppiate?
Sebbene alcune di queste variabili lo farebbero certamente felice, il fotografo ha chiesto e ricevuto ben altro, vale a dire un bel pesto di ricordi.
Sì, va beh, ma ricordi di che tipo? Di tipo siciliano (ovviamente?!) un po’ perché ci abbiamo passato le vacanze l’anno scorso e pure quest’anno, un po’ perché i sapori siciliani hanno qualcosa di particolarmente incline alla memoria e alla nostalgia, un po’ perché, più banalmente, in una serata di frigo scarso (!) avevamo messo insieme, con poca attenzione e molta fame, una cosetta per condire la pasta. Il risultato dell’esperimento era stato memorabile, il fotografo si era leccato i baffetti e aveva chiesto: che ce ne è ancora? Ovviamente no, non ce n’era più, e il povero fotografo ha dovuto aspettare la sua festa per riaverne a cucchiaiate. Noi per parte nostra abbiamo dovuto invece spremere le meningi per riuscire ad afferrare il ricordo, quasi esatto, di come lo avevamo fatto…

pesto di finocchietto

Dopo post dedicati ai bruscandoli di Grazia, alla cannatella-silene, alle poppole della signora Fausta e soprattutto dopo la disperata infruttuosa ricerca romana, Marie ha deciso di ripiegare sul finocchietto selvatico, unica e solitaria erbetta “esotica” che si trova nella capitale in grandi quantità. Ispiratasi alla ricetta di Maite e del suo pesto di aneto, si è decisa a provarne una variante senza formaggio con il finocchietto, nudo e pure crudo!

pesto di aneto

L’aneto ci piace. Ha carattere ma delicatezza, un profumo solo suo che lo rende riconoscibile tra tante erbette anche per chi, come un certo architetto che conosciamo, confonde il basilico con il prezzemolo. Il guaio semmai è che rischia di avere un potere evocativo troppo marcato: sa di nord assoluto, di salmone, di marinature, di panna acida. Farci la pasta, e per di più richiamare il pesto, sa di azzardo-fusion, ma la verità è che se l’estro spesso (e sicuramente in questo caso) scaturisce da quel che langue nel frigo (un mazzo troppo generoso di aneto fresco…) i risultati sono spesso quelli che più ci sorprendono e che sappiamo replicheremo andando a cercare, ad uno ad uno, gli ingredienti che fortunosamente ci siamo trovati tutti insieme tra le mani.

pesto di cavolo fiolaro

La storia è sempre un po’ la stessa: una mattina andando al mercato abbiamo incontrato questo meraviglioso cavolo tutto verde e tutto foglie, non avendolo mai visto la seduzione è stata immediata e folgorante, potevamo resistergli?
Questa volta però la signora Fausta ce l’ha proprio dovuto scrivere come si chiamava perché il nome non riusciva proprio a entrare in testa, chissà perché.

F-i-o-l-a-r-o dunque e il nome deriverebbe dalla quantità di “fioi” (=figli, nel senso di giovani gemme) che si trovano lungo il fusto di questo cavolo veneto, tipico del vicentino. La signora Fausta, che ha cresciuto il nostro un po’ più a nord, ci ha tenuto ad informarci che di gusto è simile al cavolo nero, ma un po’ più delicato… a quel punto era chiaro cosa farne, essendo adepte di un pesto inventato per caso da Maite a Firenze, proprio a base di cavolo nero.

Variazioni poche rispetto alla versione originale con il cavolo toscano e uguale soddisfazione, soltanto per compiacere un certo gusto alla miniatura di certe affezionate lettrici di questo blog (!), le trofiette le abbiamo messe in una zuppiera minima riuscendo persino a utilizzare finalmente (!) anche le mini-salsiere… e pensare che il fotografo le disdegnava (!), incredibile no juliette?

trofie al pesto mediterraneo di michela

Capita che un fotografo inviti a cena delle amiche. Capita che il fotografo si ritrovi, come spesso accade, con il frigo pieno di rotolini di pellicola e poco più. Capita allora che faccia di mancanza virtù.
!È indetto un concorso!
La ricetta più buona, più strana, più bella verrà fotografata!
Poi però la scelta è difficile. Chissà chi ha vinto davvero? La pasta di michela è buonissima e merita comunque una menzione d’onore:

orzo freddo al pesto limonato

 La ricetta è di quelle invenzioni talmente semplici che non ci si ricorda bene come ci si è arrivati. È fresca, è adatta ai grandi numeri (per intenderci quelli dei compleanni festeggiati in estate con un numero non del tutto prevedibile di amici e di imboscati) e, fatto non trascurabile, è buono anche per il pranzo degli avanzi il giorno dopo.

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