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Brulè di mele

Siamo in Trentino da una settimana, al calduccio confortevole della nostra casa sotto i tetti e aspettiamo la neve. Usciamo poco, anzi pochissimo, ma questa lentezza è un ritmo che ci piace, che fa sentire con più chiarezza le cose.

Cuciniamo, leggiamo, stiamo insieme. Da oggi ripensiamo anche a prendere il filo di molti progetti di lavoro, ma con calma, come se le ore qui si fossero fatte più lunghe. Forse perché fuori fa freddo, forse perchè questo anno è tanto diverso e tanto difficile e la notte arriva ancora molto presto qui con le montagne vicine.

Ci prendiamo il tempo insomma e anche coccole semplici, come questo succo di mela che scaldato e speziato diventa irresistibile.

Ingredienti
succo di mela (il migliore che riuscite a trovare!)
succo di limone fresco
zenzero fresco
cannella in polvere

Se volete conservare le proprietà del succo di mela (possibilmente bio, possibilmente non pastorizzato, ma insomma anche quello che riuscite a trovare andrà bene) scaldatelo facendo ben attenzione a non arrivare al bollore. Aggiungete il succo di limone (la quantità va un poco a piacere, a me piace molto aspro dunque arrivo a quasi mezzo limone per tazza, ma regolatevi al gusto), la cannella in polvere (anche questa a piacere) e lo zenzero possibilmente fresco (io dopo anni di intenti lo spremo con uno schiaccia/aglio dell’Ikea che dedico ormai solo a questa operazione). Mescolate bene e godetevelo!
Nota: potete variare le spezie a gusto e a disponibilità, aggiungere l’anice, o anche la curcuma.

Lo strudel di compleanno di Giulia

La settimana scorsa è stato il compleanno di Giulia. La conosco da quando eravamo bambine, lei più di me, e negli anni ci siamo trovate sempre più accanto, anche se a distanza. In comune abbiamo Rovereto e una certa propensione al vagabondaggio. Lei ora vive a Berlino.

Da Berlino abbiamo festeggiato il suo compleanno, su Zoom come ora ci siamo abituati a fare. Cinquantadue finestrelle affettuose si accendevamo, cantavano, battevano le mani e ridevano felici di poter stare insieme almeno così, adesso. Abbiamo soffiato candeline, ascoltato Giulia cantare e suonare (l’uculele!) con Frau Ruth, abbiamo visto la luce di Berlino attraverso grandi finestre chiare, misurato con un pizzico di malinconia la distanza di questo compleanno diverso. Giulia ha fatto pure un discorso.

Ma il giorno prima Giulia ci aveva scritto, una lettera e una ricetta, proprio quella dello strudel di compleanno che aveva sfornato per sè (e virtualmente anche per noi). La riportiamo così, come l’abbiamo ricevuta e impastata qui a Barcellona.

“Ecco la mia ricetta dello Strudel di mele alla trentina.Tra poco ne sforno uno. Domani sarà il dolce per il mio compleanno, perché mi porta vicino alla cucina della mia mamma e alle mani delle mie nonne e domani voglio che a festeggiarmi idealmente ci siano anche loro. Mi è sempre piaciuto il nome della pasta che si usa in questa ricetta: la pasta matta. Inoltre ho scoperto che il mio Strudel piace molto a Frau Ruth, con la quale vivo qui a Berlino, le piace perché dice che “non è troppo dolce” e perché ama la cannella. Gli ingredienti sono semplici e si possono trovare con facilità. In queste settimane riuscire a fare un dolce con poco mi procura una soddisfazione prolungata, che attraversa tutti i passaggi con particolare piacere: dall’idea all’ultimo morso. Al posto delle classiche mele, chi volesse, potrà provare una versione con mele e pere oppure solo pere. Il risultato sarà più dolce e ugualmente squisito.


Gli ingredienti sono questi:
per la pasta matta
– 240 g di farina 00
– un uovo
– 100 g di burro (oppure 1 cucchiaio di olio)
– un pochino di grappa (facoltativo)
– un pizzico di sale
– un bicchiere di acqua fredda

per il ripieno
– 6/7 mele
– 2 cucchiai di pinoli
– 100 g di uvetta
– 1 cucchiaino di cannella in polvere
– 1 cucchiaio di miele
– la scorza di 1 limone grattugiata
– pane secco grattugiato

Disponi la farina in una ciotola, formando una conca al centro, mettici il sale, l’uovo (magari tieni da parte solo un po’ di tuorlo che userai per spennellare lo strudel prima di infornare, mescolato con un po’ di latte), il burro, la grappa. Cominci a mescolare con una mano aggiungendo a poco a poco l’acqua, impastando con le mani fino ad ottenere una pasta morbida ed elastica. La pasta conviene sia lavorata abbastanza a lungo, 4/5 minuti, su un piano leggermente infarinato. Avvolgi la pasta in un canovaccio e la lasci riposare per una mezz’ora in frigorifero.
Nel frattempo sbucci le mele e le tagli a tocchetti dentro un’altra ciotola, fatto ciò aggiungi tutti gli altri ingredienti, io vado sempre ad occhio con le quantità. Ti consiglio di lasciare macerare per qualche minuto il ripieno, affinché si mescolino bene tutti i sapori. Se le mele dovessero rilasciare troppo liquido usa il pane grattugiato per asciugare.
Riprendi la pasta e stendila sul canovaccio infarinato usando un mattarello, formando un rettangolo adatto alla lunghezza della teglia che userai per infornare. Una volta stesa la pasta disponi al centro il ripieno e coprilo con la pasta avvolgendolo per bene. Con l’aiuto del canovaccio disponi lo strudel nella teglia coperta con carta da forno. A questo punto puoi spennellare lo strudel con il mix di latte e uovo oppure infornare direttamente. Cottura in forno a 180° C per 45 minuti circa.

Grazie Giulia.

il masetto 2018

Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno…
Da quando siamo tornati dalla Sicilia non ci siamo chetati un minuto, facciamo in sù e in giù come le biglie di un flipper, Roma Rovereto, Rovereto Roma, per fortuna non a cavallo (!) ma così a stretto giro che gira un poco la testa.

Una grazia tutta vintage

Di corsa di corsa che l’aereo non aspetta (e la valigia non si chiude…) postiamo qualche scatto della presentazione della nostra Cucina Vintage di sabato scorso a Rovereto. Eravamo ospiti nella delicata atmosfera di un negozio che è un po’ un’istituzione, come succede nelle storie belle delle piccole città. Mia madre lo aveva nella sua agenda e credo di ricordare che buona parte del “corredo” con cui son partita per la prima cucina tutta mia venisse proprio da lì.

di un barattolo di sedano rapa della val di Gresta

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Al Trentino chissà perché facciamo poco riferimento. Sarà che finisce per essere nelle nostre vite un tantino raminghe un posto un po’ di transito e soprattutto di rifugio, sarà che ha una generosità di secondo grado che va indagata un po’ più a fondo che in altri luoghi più sfacciati, ma insomma quando si viene qui si tende a tirare i remi in barca e a godersi poche cose rassicuranti. Sempre quelle. E forse proprio questo è il sapore di casa.
Ma l’autunno qui è una meraviglia, e se non fosse tutto sempre così dannatamente di corsa, sarebbe il tempo di cercare le scarpe da montagna infondo all’armadio e mettersi su un sentiero in cerca di funghi, ma pure di foglie e di colori. Temo però che in queste ore corte, troppo piene di cose, di valigie e ancora (sigh!) di traslochi, una giornata così sia un miraggio, anche se non fa poi male credere ancora alla moltiplicazione del tempo. Vedremo.
Intanto ieri sera, prima che il fotografo riprendesse la via del sud, toccava mettere insieme qualcosa come una cena, pescando dalla dispensa generi commestibili, non avendo avuto il tempo(!) di transitare per il banchetto della Fulvia sabato mattina. E allora?
Allora spunta fuori, e molto a proposito, un vasetto di “foglie” di sedano rapa, che poi in realtà foglie non sono…

il budino di pane di barbara

Del Gallo, di Barbara, di Marzio, del loro modo, della loro cucina abbiamo detto tante e tante volte. Ma il fatto è che andar da loro ci fa sentire bene, un po’ a casa, ma coccolati di fresco, specie a primavera quando le erbe selvatiche diventano più generose. Così questa volta ci siamo pure ricordati di fotografarlo il budino di pane e di chiedere la ricetta.

le recensioni di calycanthus. pedavena a trento

La notizia del week end è che è tornata la neve. Almeno in Trentino, almeno in montagna, ma comunque sufficientemente bassa di quota da guardarla con gli occhi e soprattutto da sentirla nell’aria con la punta del naso arrossata. Di corsa a pescare una giacchetta di lana dall’armadio, e la sciarpa e i calzettoni, ricominciando a pensare che appunto si ricomincia con il freddo, con la lana, con gli strati. Ma l’autunno (o già forse l’inverno?) ha tutto un suo piacere e un suo tepore in cui il Trentino, e il mondo nordico in generale, si avviluppa. Cibo da freddo che scalda da dentro: canederli, gulash suppe, polenta e tosella, strangolapreti e wurstel in ogni sfumatura. Insomma anche l’inverno ha le sue ragioni alimentari, così per “festeggialo” siamo tornati al Pedavena luogo storico, anzi di più, del cibo trentino. Popolare, popolarissimo, tanto cambiato eppure assolutamente immutabile, stesso menù, stessa boiserie, stessa atmosfera, stessa birra che si produce proprio qui.

le recensioni di calycanthus. il probusto!

Ci sono cose che si hanno sotto casa, sotto agli occhi praticamente per una vita senza riuscire a vederle, o forse meglio a guardarle. Poi un giorno si inforcano gli occhiali e si scopre che sono in qualche misura uniche.
Così, ad esempio, della macelleria Giuliani, e pure dei probusti, credo di aver sentito parlare tante e tante volte, ma c’è voluto il partire, il ritornare, questo blog e pure qualche articolo di Davide Paolini sul Sole 24 ore per scoprire che sì, i probusti sono una cosa che c’è solo qui, solo a Rovereto, e ormai solo nella macelleria Giuliani.
Il nome è un po’ buffo, ma non è che la storpiatura italianizzata di wurstel. Ai wurstel del resto i probusti somigliano da vicino, anche se l’impasto ha sue precise (e segretissime) regole nell’uso delle spezie e in particolare nella dosatura dell’aglio. Il budello è assolutamente naturale, dunque si mangia tutto, senza esagerare nella cottura, solo pochi minuti, dice il signor Giuliani, altrimenti si spaccano e addio…

un hugò e qualche anticipazione

A dire la verità non è che sia chiaro se l’accento sulla “o” ci vada o pure no, ma è pur vero che a pronunciarlo si sente che la cadenza porta lì, e poi, questo è certo, fa più esotico. L’Hugò dunque, è un cocktail di ascendenza bolzanina (nel senso che è lì che lo si serve e lo si beve ovunque) a base di prosecco e sambuco, con qualche fogliolina di menta e spesso (ma non nella versione originaria che prevedeva zest di limone) uno spicchio di mela.
Quello che abbiamo fotografato qui è un po’ più meridionale, assemblato al ViaDante (Rovereto) e lì sorseggiato con grande soddisfazione. C’era infatti più di una ragione per brindare, portandosi avanti sugli eventi di queste ore e sulla prossima settimana.
Qualcuno, tramite il tam tam di facebook, ha già fatto in tempo a dargli una sbirciatina sulle pagine Food&Wine di Repubblica/L’espresso dove sono comparsi da qualche ora, ma a questo punto è proprio il caso di dirlo ufficialmente: dal 21 settembre fino al 30 ottobre  alcuni dei “nostri” ritratti alimentari saranno in mostra da Kitchen in via De Amicis 45 a Milano. Tra questi ce n’è pure uno inedito, di ritratto, che “sveleremo” lunedì, per intanto la sottoscritta corre a chiudere una valigetta per il suo  week end altoatesino tra terme e Hugò (…mentre Marie e il fotografo restano a lavorare…).

se in un week end di settembre…

(…) vi dovesse capitare di trovarvi per caso o per scelta tra le valli trentine, e nello specifico a Rovereto, sappiate che vi potrebbe succedere di vivere l’imbarazzante sortilegio di non sapere dove guardare. Tante cose, troppe cose (?!) tutte insieme, alcune delle quali inaspettate per davvero.
Così, ad esempio, il fotografo arrivato da una Roma provinciale nel pomeriggio di venerdì si è trovato con negozi aperti fino a tarda sera (altro che coprifuoco delle 19.00!), Hugo (ne riparleremo) importati da Bolzano, Oriente-Occidente in corsa nella sua trentesima edizione e Terre in anticipazione.
E così è stato per tutto il turbinio del week end: l’arte americana al MART, lo spazio del MAI, la presentazione delle botteghe del gusto, l’interpretazione danzata dell’ars subtilior di Anne Teresa De Keersmaeker, l’HUB nella sua nuova sede quasi aperta, l’Opificio delle idee in cerca di se stesso e persino una piccola mostra per ricordare il maestro Manzi (quello della televisione).
Nel mezzo di tutto questo un saluto mattutino a Elena, altri ri-abbracci con gli amici abbronzati dalle vacanze, un pranzo favoloso (ne riparleremo assolutamente!), la visita in una macelleria unica.

Il fotografo è ripartito più stralunato del solito per ritornarsene nella sua capitale dove-non-succede-quasi-niente; nella saccoccia molte fotografie ma per questa volta niente ricetta, solo gli assaggi di una cittadina che è bello (ri)-scoprire appetibile.

fiocco di neve

Sudarcela ce la siamo sudata! perché per andare a trovare la signora Scottini, che con il marito Remo produce formaggi caprini di qualità eccelsa, ci siamo impegnati in più tappe. La prima volta, la mattina di buon’ora ci siamo andati a ranghi allargati (tre calycanti più il quarto moschettiere), ma c’eravamo dimenticati la macchina fotografica, così uno è risceso a valle e gli altri hanno proseguito a piedi intonando cori di montagna.
La giornata però doveva essere di quelle complicate, perché arrivati in cima la signora Scottini non c’era e le caprette le sentivamo da lontano. Fortuna che sul cancello c’era il numero di cellulare (!), così l’appuntamento è stato preso in modo più certo, e nel pomeriggio il fotografo e l’architetto sono ripartiti in missione per dire ciao alle caprette e per riportare il formaggio e la ricotta per il pic nic.
Come sia andata esattamente-esattamente non si sa, sembra che abbiano assaggiato ogni cosa, avvistato il caprone, visitato ogni anfratto della stalla atterrando anche sulla cacca di almeno una capra… ma fiocco di neve? fiocco di neve c’era?

orti sospesi

Questo post starebbe bene tra le pagine specializzate e un po’ speciali dell’Orto di Michelle, a cui da poco abbiamo fatto il ritratto ovoidale. Ma la verità è che per gli orti avremmo una passione proporzionale e contraria al nostro pollice nero, e così, nella sperenza mai tramontata che il giardino desolato e orticoso del fotografo possa un giorno dare qualche frutto, intanto abbiamo cominciato con andare a ortiNparco a Levico Terme. Lì gli orti erano sospesi, un po’ ovunque, persino a palloni volanti, ma anche su altalene, funi e ogni genere di supporto. Una faccenda quasi onirica, con persino un tè surrealista e fiorito più di quello di Alice, come dire che per ora dell’orto ci è rimasto il sogno… sospeso.

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